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Stoccolma, passeggiata in centro fatale per un giovane alce
Oliver Stone è tornato, e più violento che mai. Dal feroce romanzo omonimo di Don Winslow ha tratto Le belve, un film violento che parla di droga e di sesso e che lo riporta alle origini del suo cinema, riuscendo a combinare protagonisti giovani con attori temprati, in un mix esplosivo in cui tutto sembra permesso.
Ma chi sono le belve del titolo? Sono due giovani che incuranti del pericolo hanno costruito un business milionario con la marijuana? Sono gli uomini del cartello messicano che torturano e seviziano i traditori? Sono tre giovani che si amano, che condividono assieme le loro giornate senza pensare alla licenziosità del loro amore a tre? E’ una spietata regina, boss crudele incapace di essere una madre adeguata? E’ la polizia corrotta, ad ogni livello, che non si fa problemi a cambiare bandiera appena cambia il vento? O sono ancora questi due giovani disposti davvero a tutto, in primis ad uccidere, per salvare il loro amore rapito?
Il regista, come il pubblico, può scegliere da che parte stare ma non sarà semplice. Perché i protagonisti di questo film sono tutti, a loro modo, dei selvaggi (Savages è infatti il titolo originale). Ben e Chon sono due giovani esperti, il primo nella botanica, il seconda nella guerra. Unendo le loro conoscenze sono riusciti a creare delle piante di marijuana potenti che ben presto hanno fatto fiorire un commercio decisamenTe redditizio. Il loro prodotto ad alto tasso di THC interesserà i concorrenti del cartello messicano, preoccupati per il giro d’affari che i due si stanno facendo. Ma se lo spirito calmo e pacifico di Ben sarebbe disposto a negoziare e lasciare il business per idee più utili al pianeta, Chon, testa calda, si rifiuta di mostrarsi debole. La decisione di non trattare sarà la peggiore della loro vita, a rimetterci in primis sarà O., bella, ricca e libera, che i due amano e condividono, in un rapporto diverso, sì, ma capace di stare in equilibrio. O. è il loro punto debole, e la perfida Elena, regina del cartello, non si farà molti scrupoli a rapirla in modo da avere i due in scacco. Quando si tocca l’amore, però, tutto diventa lecito, ed ecco quindi partire una folle corsa tra violenza, ricatti e truffe.

Stone non si risparmia nulla, dalle scene ad alto tasso erotico tra i tre giovani protagonisti, all’uso smodato di droga e alcool, fino alla violenza, feroce e insensata, con cui ci si fa giustizia. Sangue e morte scorrono per tutta la pellicola, mostrando belve inumane drammaticamente reali. Il regista ci sa fare e calibra a dovere le carte in tavola, dopo una lunga premessa (forse troppo condita dalla voce narrante) si passa a un’adrenalinica corsa a cui non basta un finale per fermarsi. Con una doppia conclusione alternativa si sorride, certo, ma si plaude una scelta così poco convenzionale ma allo stesso tempo così efficace.
Il merito di questa pellicola, pulp e giovane nonostante l’età anagrafica del regista sia avanzata, va ai suoi protagonisti: i rampolli di Hollywood Blake Lively (che riesce a convincere anche senza il glamour di Gossip Girl), Taylor Kitsch e Aaron Johnson più la comparsata di Emile Hirsch da un parte, i veterani e ritrovati Salma Hayek, Benicio del Toro (spietato come non mai)e John Travolta dall’altra. Questi uniti a una fotografia calda e a tratti poetica, e a una colonna sonora decisamente azzeccata compongono un film feroce e selvaggio.
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