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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Scaricasarin

Da consulente esterna osannata e ben pagata a capro espiatorio per il pateracchio della Pala. Chiara Casarin ritenuta unica responsabile della vicenda. Ma il vero scandalo morale è l'assenza della politica

Pubblicato il 04-06-2020
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Da ieri è in voga un nuovo sport al Comune di Bassano del Grappa: lo scaricasarin.
Da consulente esterna osannata e ben pagata, dopo tre anni trascorsi alla direzione dei Musei Civici e un quarto anno che l'ha vista ancora attaccata ai muri del Museo di Bassano come la carta da parati, Chiara Casarin diventa all'improvviso il capro espiatorio del deplorevole caso Sant'Anna, il capolavoro di Jacopo Bassano ritornato a respirare il profumo delle moeche in saor in riva al Canal Grande. Dalle stelle alle stalle a colpi di Pala.
Ve l'ho riferito nell'articolo precedente: in commissione Cultura il sindaco e assessore alla Cultura Elena Pavan si è dichiarata “incolpevole”, addossando l'intera responsabilità della vicenda alla “direttrice artistica” trevigiana, che “non ha posto attenzione sulla questione alla parte politica” e avrebbe dovuto dimostrare “una sensibilità e responsabilità diversa, che ci si doveva aspettare da chi, svolgendo la funzione di direttore artistico, ha fatto il direttore dei Musei di Bassano per tre anni”.

Chiara Casarin al centro delle polemiche (fonte immagine: gattevicentine.it)

Per tua colpa, tua colpa, tua grandissima colpa.
La Casarin è il filo conduttore di tutte le puntate dello sceneggiato, che un mio affezionato lettore, sensibile alle questioni della Cultura a Bassano, ha brillantemente ribattezzato la Telanovela. È stata lei, ancora in veste di direttore “ufficiale” del Museo Civico, a firmare il 25 ottobre 2018 l'ultimo rinnovo quinquennale della convenzione per il comodato della Pala di Sant'Anna con le Gallerie dell'Accademia di Venezia, rappresentate dal direttore dell'epoca Paola Marini. È stata lei, il 29 ottobre 2019 - nel suo primo mese da “consulente esterno” del Comune di Bassano per l'incarico semestrale dello studio di fattibilità sui musei in rete e della “direzione artistica” dei Musei Civici - uno dei partecipanti alla riunione del comitato scientifico delle Gallerie dell'Accademia, di cui fa parte dal 2017 per nomina politica del consiglio regionale, nella quale si sono decisi i destini del dipinto dapontiano reclamato in restituzione da Venezia. È stata lei il destinatario della lettera del 9 gennaio 2020, indirizzata impropriamente “alla direttrice dei Musei Civici di Bassano del Grappa dott.ssa Chiara Casarin”, con la quale il direttore delle Gallerie dell'Accademia Giulio Manieri Elia e la “responsabile dell'istruttoria” Roberta Battaglia hanno richiesto la restituzione del dipinto.
Ed infine è stata ancora lei a controfirmare, il 27 gennaio 2020, il documento firmato dal segretario generale e dirigente Area 3-Cultura e Museo del Comune di Bassano del Grappa Antonello Accadia, nel quale si confermava la restituzione dell'opera e si inoltrava la richiesta del nuovo comodato di un'opera sostitutiva in cambio della Pala dapontiana.
Dopodiché, come riferito dal sindaco Pavan, la Casarin ne ha parlato velocemente e “dimessamente” alla Pavan medesima, senza fornire dettagli e presentando la cosa come un normale scambio di quadri di natura tecnica, a margine di un incontro, sull'uscio di una sala. Porta a porta.

In questo capolavoro del Teatro dell'Assurdo, la Casarin viene dunque di fatto additata quale gran maestra di cerimonie dell'intera operazione, compiuta “all'insaputa” del sindaco Pavan.
Lo ha affermato ieri in commissione, con altre parole, la stessa Pavan e lo ha detto soprattutto a Chiare lettere la capogruppo di #Pavan Sindaco Ilaria Brunelli, risvegliatasi dal letargo invernale e dimostratasi più realista del re. La già “Pulzella di Bassano” (© by Pontenovela) ha dichiarato che “il doppio ruolo di Chiara Casarin la rende esposta a letture molto antipatiche”. E questo perché, a detta della capogruppo di maggioranza, “non c’è stata trasparenza e un comportamento onesto da parte di una figura a cui è stata affidata l’immagine di Bassano”.
In brutale sostanza, la Brunelli ha dato della doppiogiochista alla Casarin per il fatto di aver condotto l'operazione tenendo costantemente il piede in due scarpe: quella del Museo Civico di Bassano, di cui è stata prima direttore e poi consulente esterno, e quella delle Gallerie dell'Accademia, dove siede al tavolo del comitato scientifico.
Da qui la richiesta brunelliana di svolgere un “approfondimento giuridico” per verificare “la titolarità di Chiara Casarin” a firmare gli atti e gli accordi con le Gallerie veneziane.
È partita così ufficialmente la crociata di maggioranza contro la curatrice trevigiana.
Peccato che tutti i pensieri, parole ed opere espressi oggi sulla vicenda siano del tutto tardivi. È vero, e l'ho scritto più volte: l'ultimo anno di presenza della Casarin in città si è contraddistinto per un caotico tourbillon di storie incrociate. Ha ottenuto un incarico semestrale dal Comune di Bassano e l'abbiamo pagata con oltre 37mila euro dei nostri soldi per avere in cambio una relazione di due pagine sul convenzionamento con Possagno e la partenza per Venezia della Pala del Bassano. Nel bel mezzo del cammin di nostra Chiara c'è stato l'intervallo delle vicissitudini della Possagnovela, con Sgarbi & Friends, su cui qui sorvolo. Tuttavia possiamo dire tutto e il contrario di tutto, ma dal punto di vista prettamente burocratico e formale l'atto di restituzione della Pala non fa una grinza.

Possiamo discutere fino a domani delle rivendicazioni morali di Asolo, delle razzie napoleoniche, del concetto di opera d'arte come bene pubblico del territorio e della scarsa considerazione che per oltre un secolo e mezzo le Gallerie veneziane hanno riservato alla Pala: ma il dipinto, formalmente, è di loro proprietà.
E qualora e quand'anche un “approfondimento giuridico” portasse a un'istanza di impugnazione del rinnovo della convenzione o del protocollo di restituzione, sarebbero ben pochi se non nulli gli elementi a cui un giudice potrebbe appigliarsi per accoglierla.
Possiamo anche concordare con l'ex assessore alla Cultura Giovanni Cunico quando dice che “un consulente esterno non può prendere decisioni sul patrimonio”, ma le mansioni di “direzione artistica” indicate nella determinazione di affidamento di incarico semestrale alla Casarin (“collaborazione al Dirigente area terza Cultura Museo nella gestione, cura e salvaguardia e comunicazione delle collezioni museali civiche”) le hanno dato carta bianca. Quella stessa carta bianca che il sindaco e assessore alla Cultura Elena Pavan le ha dato, incondizionatamente, sin dall'inizio. Il segretario generale ha firmato un atto di restituzione che rientra nell'ambito della “gestione delle collezioni museali civiche” e la Casarin, quale direttrice “facente funzioni” del Museo, lo ha controfirmato. Difficile trovare in questa procedura qualcosa di irregolare, benché la curatrice trevigiana tenesse il piede anche nella scarpa di Venezia.
Quella che va considerata in senso estremamente critico è piuttosto la matrice politico-amministrativa che ha reso possibile tutto ciò: l'insostenibile leggerezza di un'amministrazione comunale che ha sospeso per un anno il bando di selezione del nuovo direttore scientifico del Museo Civico, nella speranza di entrare a far parte di una rete di musei, permettendo fantasiose variazioni sul tema come quella della “direzione artistica” del Museo medesimo.
In definitiva, questa vicenda ci ha insegnato due cose. La prima è lo strapotere dei dirigenti e funzionari comunali non solo in questo, ma in tutti i settori della gestione della cosa pubblica. La seconda - che è quella più rilevante e che rappresenta anzi il vero scandalo morale di tutta questa operazione - è la totale assenza della politica. Non solo per un sindaco e assessore alla Cultura che in commissione rilascia affermazioni del tipo “io non c'ero, e se c'ero dormivo”, ma più in generale per la latitanza di una politica culturale che sappia far valere, primariamente, gli interessi della città.
È questo il succo di tutta questa storia che vede per protagonisti il Comune di Bassano e le Gallerie dell'Accadia. Pardon, le Gallerie dell'Accademia.

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