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Donne che dicono "NO"

Il popolo di facebook dice "No" all'immagine della donna creata dai media

Pubblicato il 01-02-2011
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Le prime pagine dei quotidiani sono invase ogni giorno da nuovi sconcertanti dettagli sulle notti infuocate di Arcore, mentre in tv prevale un'idea stereotipata e innaffondabile della femminilità italiana: l'immagine della donna che sta emergendo dall'attualità di questi tempi è quanto di più degradante e abietto si possa immaginare. È per questo motivo che tra le donne italiane iscritte a facebook ha preso piede una nuova iniziativa: quella di sostituire la propria immagine del profilo con quella di una donna storica, valorosa, ammirevole a scelta, a dimostrare che non tutte le ragazze sono disposte a svendersi in cambio di qualche lusso e che i modelli da seguire, per la maggior parte delle donne, sono ben altri rispetto a quelli portati alla ribalta dalle notizie degli ultimi giorni. La blogger che ha promosso l'iniziativa (il cui nickname è Sara Mago e che potete leggere qui: societausaegetta.blogspot.com) ha precisato a più riprese che l'idea non è in alcun modo legata al "Ruby-gate" (che definisce semplicemente "la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso"), per lo meno non direttamente, e non vuole essere una protesta rivolta a questo specifico caso di cronaca, quanto una ribellione in generale contro l'immagine della donna, ancora fortemente svilita in Italia. L'iniziativa, che ha preso il nome di "Donne che dicono NO!" avrebbe dovuto concludersi ieri sera, ma ha avuto talmente successo da essere stata prorogata per qualche altro giorno. Per questo motivo nei profili di molte ragazze (tra le donne adulte l'adesione è stata più scarsa) campeggiano immagini evocative, forti, quasi sempre in bianco e nero, sbiadite, ingiallite, che aiutano a ricordare che si può lasciare un'impronta forte e duratura nel mondo anche solo con le proprie forze, senza l'aiuto di favoritismi ricevuti grazie a servizi(etti) speciali concessi al potente di turno. E così, nel social network più famoso del mondo, in questi giorni si vedono regine, principesse, scienziate, scrittrici, intellettuali, combattenti, poetesse o premi Nobel (come la nostra Rita Levi Montalcini, che pare essere una delle icone più gettonate!),testimoni sorridenti della memoria "rosa" del mondo. Le utenti vengono inoltre invitate a scrivere sul proprio profilo "Io sono…" seguito dal nome della donna famosa che più le ispira e rappresenta, con quel "io sono" in maiuscolo a rivendicare il diritto delle donne di essere, di autodeterminarsi, di non appartenere a nessuno se non a sè stesse. L'idea di fondo è quella di riscoprire le grandi donne del passato e del presente per permettere alle donne "comuni" di avere solidi modelli di riferimento, cosa che al momento viene messa sempre più in discussione dai fatti di cronaca. Sibilla Aleramo, Ipazia, Madre Teresa di Calcutta, Margherita Hack, Simone de Beauvoir, Aung San Suu Kyi, Minerva Mirabal, stanno lì a ricordare a tutto il popolo di facebook che essere indipendenti, intelligenti, forti è non solo un diritto di tutte ma persino un dovere, un obbligo nei confronti di sè stesse, della propria onestà intellettuale e della propria dignità. È giunta l'ora che le donne si riscoprano orgogliose di sè, capaci di affermarsi con coraggio ed intelletto, ma anche di rinnovare la memoria storica del Paese, ricordando che il diritto al voto, al lavoro, alle libertà individuali, alla libertà di vestire come si vuole (e non in riferimento ad un ruolo imposto dalla società o da un uomo), sono diritti conquistati, spesso a caro prezzo, da altre donne. Le prime pagine dei giornali sembrano dire alle ragazze di oggi e a tutto il Paese che una donna può avere delle possibilità solo tornando a praticare il mestiere più antico del mondo, seppur in modi più fantasiosi e contorti di quanto si faceva in passato. Ma è giusto tenere a mente che non è così. E questa iniziativa partita da facebook, seppur lieve e scanzonata, serve a ricordarci che le donne non sono solo quelle che ci hanno raccontato i giornali negli ultimi mesi.

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