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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Libri

Gian Antonio Stella a Palazzo Roberti

Nella presentazione del suo libro l'autore ha messo in luce quanto sia labile il confine tra il ridicolo e l'orrore

Pubblicato il 05-02-2010
Visto 4.047 volte

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Gian Antonio Stella ha presentato alla Libreria Palazzo Roberti il suo nuovo libro "Negri, froci, giudei & co. L'eterna guerra contro l'altro". Stella all’inizio dell’incontro ha fatto un excursus storico su aspetti noti e un po’ miseri della natura umana, un ritratto in seppia che è andato in alcuni punti anche molto lontano, fino a raggiungere radici antropologiche: ha raccontato la tendenza sempre esistita, “qui e altrove”, a vedere l’altro sempre un po’ inferiore a sé, la spinta a considerare la propria terra il centro del mondo, la tendenza a stabilire confini e a vedere con prospettive sempre più distorte culture, persone e civiltà intere man mano che ci si allontana dalle linee spartiacque che noi stessi tracciamo. L’autore ha continuato per un po’ ad accompagnare la presentazione fotografica di documenti e fonti storiche che aveva portato con sé con toni simpatici ed ilari a tratti contagiosi, che provocavano in sala anche sorrisi e risatine. Prima che esistessero le carte geografiche ci si immaginava i paesi ignoti, “fuori confine”, come terre popolate da mostri: vedere la loro rappresentazione, fantasiosa e crudele, proiettata a grande schermo, sentire discorsi che insistevano su l’uomo che “sente prima con il naso” e l’indugio a parlare di “chi sente di più la puzza di chi” distoglievano ad arte l’attenzione dal bersaglio, dall’analisi delle debolezze umane che conducono sulla via del razzismo. L’unico moto di indignazione da registrare nella prima parte dell’incontro è stato infatti il borbottio che è sorto di fronte alla confessione di Stella di non sapere che il paese di Friola esiste ancora. Poi la curvatura del discorso ha mutato direzione. Stella ha cambiato registro in modo magistrale, teatrale, quasi impercettibile. Ci si è trovati il quasi-sorrisetto ghiacciato in pochi attimi di fronte alle immagini di donne abissine trattate come bestie, delle torture dei lager, di guerre etniche che hanno lambito i nostri “confini”, e poi ancora dello sterminio degli Armeni, di un susseguirsi di volti di bambini mandati a morire e costretti a sorridere di fronte alle foto segnaletiche. Oltre alla vista non è stato risparmiato nemmeno l’udito: in sala per qualche attimo sono risuonati cori idioti inneggianti ai lager, al nazismo e all’odio, strofe cantate da voci giovani sulla base di “Laura non c’è” e di altre canzoni appena uscite da Sanremo, obbrobri trovati di recente su internet dalla polizia postale. Non si è avvertito lo stacco tra i due momenti, ed in questo si plaude alla bravura e alla provocazione riuscita di Stella, che ha dimostrato con i fatti e sulle persone la verità della frase che ha continuato a ripetere per tutto l’incontro: “E’ molto labile il confine tra il ridicolo e l’orrore”.

Gian Antonio Stella a Palazzo Roberti

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