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Di questi tempi, puntare su un progetto discografico sembrerebbe una pazzia. Le grandi major discografiche oramai fanno notizia soltanto per gli enormi buchi finanziari che accumulano di giorno in giorno.
Abbiamo incontrato qualcuno che sembra avere idee, mezzi ed entusiasmo per invertire la tendenza: Michele Rebesco, trentenne bassanese, è il fondatore (con Piero Bertazzo) dello studio di registrazione Pianozero a Pianezze di Marostica. In pochi anni, il progetto Pianozero è diventato una realtà importante e viva nel panorama musicale del territorio. Spiega Michele: “in realtà le cose sono davvero cambiate quando ci siamo chiesti: visto che di studi di registrazione ce ne sono tanti, perché non proporre qualcosa di diverso?”. L’occasione arriva con i Phinx, giovane e promettente band bassanese, che portano Pianozero a curarne la produzione artistica ed esecutiva. E i risultati non si fanno attendere: considerati da mtv.it la next big thing italiana, i ragazzi entrano subito al 2° posto della classifica di TRL con il video di “The Gamer”, il loro primo singolo. Il pezzo viene poi passato dai principali canali radiotelevisivi dello stivale. Nei primi mesi del 2010 ci sarà la tanto attesa pubblicazione dell’album.
Carico di entusiasmo e di lavoro, il team di Pianozero si allarga: arrivano Gippo e Nicola Tonellotto a curare grafiche e foto per le band, la Redrum (tre giovani registi italiani) a produrre i video, e si decide di puntare anche su altri progetti (su tutti Your Shine e Syncoop), pronti ad uscire con disco e relativa promozione nel 2010.

Michele Rebesco
Michele, che mastica già da tempo la realtà musicale e sa bene come funziona questo ambiente, ha le idee molto chiare: “quello che ci interessa sopra ogni cosa, è mantenere il controllo artistico sulle band, mantenerne la peculiarità e l’identità. È per questo che siamo riusciti a proporre (e a far piacere) a tutta Italia un pezzo in inglese (il singolo dei Phinx, ndr)”. Michele non nasconde che grazie alla musica dei Phinx, Pianozero abbia ricevuto una visibilità totalmente inaspettata. “Ma ci piace sottolineare come anche altri lavori, di portata minore, abbiano dato l’idea di un progetto che mette prima la musica del business: siamo tutti musicisti o ex-musicisti, e sappiamo cosa significhi venerare la musica. Collaborando con realtà anche molto importanti della discografia italiana, ti rendi conto che le major sono finite; e con major intendo colletti bianchi che di musica sanno poco o nulla. È una realtà allucinante!”. Un progetto chiaramente nazionalpopolare, diretto a grandi masse, non è detto che oggi sia per forza un prodotto da major: “con i Phinx, ad esempio, c’è una direzione artistica di mainstream, ma una produzione indipendente nei mezzi, ma soprattutto nelle idee”.
Per quel che riguarda la realtà musicale bassanese, Michele è convinto che le cose potrebbero essere molto diverse, “se solo ci fosse più collaborazione e meno competizione, o invidia. Mi piacerebbe che tutte le energie fossero spese per portare finalmente la musica fuori da Bassano”. A dimostrazione di questa linea di intenti, sta la fruttuosa e costante collaborazione con i colleghi dell’Hate Studio, altra interessante realtà nostrana di studio di registrazione orientata più verso il metal e l’hard-rock. Il giovane discografico non nasconde che questo atteggiamento deve partire, prima di tutto, da chi suona: “deve crearsi quella che spesso si definisce come scena, i gruppi devono andare ad ascoltare i concerti degli altri con gli amici, bisogna smuovere la pigrizia e sostenersi a vicenda, creare un gruppo di cinquanta, cento persone che è presente ad ogni concerto. Mi viene in mente quanto accadeva al Centro Giovanile 10, 15 anni fa con Epidemie Musicali”.
Nel corso delle sue esperienze, anche all’estero (con il team di Pianozero ha accompagnato i Fire durante alcune date del loro tour europeo in Germania, Austria, e Svizzera, e ha poi partecipato a fiere di articoli musicali negli Stati Uniti), Michele è rimasto affascinato dall’altissimo livello di professionalità: “è molto chiaro quello che sai fare e quello che non sai fare, non ti proponi per un lavoro se non sei in grado di farlo. È il concetto di specializzazione, che qui in Italia è spesso assente: si tende a fare di tutto, sapendone in realtà gran poco”. Queste esperienze hanno fatto in modo che gli obiettivi di Pianozero siano tanto radicati nel territorio, con la scoperta di talenti nostrani, quanto aperti ad un respiro artistico internazionale, con la capacità di proporsi all’estero con dignità e originalità.
L’incontro si conclude con qualche promessa e speranza per il futuro: “se tutto va come deve andare, per il 2010 usciranno da queste mura bassanesi almeno tre progetti di livello nazionale, pronti a salire sui palchi più prestigiosi d’Italia. Già questa per noi è una grande responsabilità nei confronti della grande vivacità artistica del territorio: speriamo davvero di riuscire a valorizzarla e promuoverla”.
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