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8.500 chilometri separano Bassano del Grappa da l’Avana, la meravigliosa capitale di Cuba. Più di dieci ore di volo ci dividono da un luogo magico che è da sempre una delle mete più agognate dagli italiani. Nell’isola da mesi sono in corso manifestazioni di protesta contro un regime sempre più opprimente, indebolito da una crisi economica devastante che non permette più ai cubani per esempio di curarsi e nutrirsi come in un paese civile. Perché occuparsi in queste latitudini di una lontanissima contro revolución che sta mettendo in serio pericolo la stabilità del regime post castrista? Semplice, perché a Bassano e nel vicentino c’è una importante comunità di cubani, quasi un migliaio di persone, che segue con enorme apprensione gli sviluppi di quello che succedendo nell’isola. Le notizie che si diffondono nelle chat della comunità cubana vicentina raccontano di un paese sull’orlo del baratro, attanagliato da una crisi economica senza precedenti resa ancora più cruda dagli effetti della pandemia. Negli ospedali non si trovano più medicinali di prima necessità, ma non si trovano nemmeno siringhe e antibiotici. Chi è sul posto filma e diffonde video sempre più feroci di violenze e intimidazioni contro chi protesta. Per questo da Bassano e da Vicenza si stanno organizzando raccolte di medicinali e di materiale sanitario da inviare a Cuba, ma non è per nulla semplice far arrivare gli aiuti tramite i canali logistici tradizionali. I regimi autocratici, si sa, amano dipingere una realtà che non necessità di aiuti. Roxana Villar, 44 anni originaria della provincia di Matanzas, da 26 vive in Italia ed è uno dei tanti riferimenti della sua comunità nell’area bassanese. Racconta di un’isola in ginocchio e di violenze inaudite soprattutto verso i più giovani: «Le televisioni e i giornali non riescono a spiegare davvero qual è la situazione reale che c’è a Cuba: manca cibo, non ci sono medicinali, è crollato tutto il sistema sanitario. Da anni a Cuba gli ospedali stanno collassando e la situazione non è degenerata prima solo grazie alla professionalità straordinaria dei medici cubani. Ormai le persone muoiono a casa senza andare più negli ospedali».
Il “mito” di Fidel Castro (mito evidentemente per gli amanti del genere) è tramontato da tempo e nell’isola la successione quasi-ereditaria del gruppo di potere castrista non è più considerata intoccabile da gran parte della popolazione. I social hanno amplificato in tutto il mondo i malumori “cronici” della società cubana e il Covid in aggiunta ha dato l’ennesimo appiglio al malessere sociale portando alle proteste di piazze ed a una contestazione strisciante.

#SOSCUBA
«La mia generazione – prosegue Roxana – aveva Fidel come leader e ci sembrava quasi che non ci fosse una alternativa possibile. Personalmente non ho subito alcuna repressione ma adesso nessuno nega più le repressioni che ci sono state contro gli omosessuali, contro gli oppositori politici o i religiosi. A Jagüey Grande, il mio paese d’origine, non ci sono più giovani, sono tutti emigrati, passano dall’Ecuador senza visto e poi cercano di trovare rifugio negli Stati Uniti. Le comunità in giro per il mondo sono forti e non hanno timori, in primis quella di Miami. Tutte stanno raccogliendo materiale medico e sanitario. Perché manca davvero tutto: i miei amici mi dicono che i pazienti nelle case psichiatriche non assumono le medicine per i loro disturbi da più di 6 mesi».
Anche dai media internazionali si apprende di intere cittadine spopolate dai più giovani e abitate solo da anziani, una situazione sociale ed anagrafica che aiuta ancora il governo cubano a non avere diffusi problemi di ordine pubblico.
«#SOSCUBA è l’hashtag che accomuna la nostra battaglia sui social. Il presidente ha paura dei social, dopo le grandi manifestazioni di piazza ha fatto oscurare internet per 3 giorni. E in televisione pubblica nomi e cognomi e gli screen shot di quello che scrivono gli attivisti sui social». Per la libertà cubana qualche settimana fa in centro a Vicenza è stata organizzata una mobilitazione, più di cento persone in Piazza Castello a gridare “Patria y Vida” (Patria e Vita) in contrapposizione al motto del regime “Patria o Morte” (Patria o Morte).
«La nostra priorità è far conoscere la situazione drammatica di Cuba - spiega Andrea Bezze che con il cubano Daniel Mena è stato uno dei due promotori del flash mob – e cercare di mantenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica anche qui da noi. Se ne parla troppo poco, ci sono dei silenzi scandalosi. La sinistra nostrana non ha detto una parola sulle violenze che non si possono ormai più sopportare. A settembre contiamo, grazie ad un canale politico che abbiamo aperto, di portare un documento in Consiglio regionale del Veneto».
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