Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
4-11-18 Settembre 2025
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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Primo piano
Pubblicato il 28-04-2022
Visto 4.444 volte
A concludere la XLI stagione teatrale thienese, un recupero proposto come sempre in tre serate, martedì 26, il 27 e il 28 aprile, è stata la trasposizione teatrale del bel noir di George Simenon La camera azzurra, diretta da Serena Sinigaglia.
L’apertura del sipario è stata preceduta dal saluto-commiato di Maria Gabriella Strinati in qualità di responsabile istituzionale della promozione culturale di Thiene e di protagonista impegnata e appassionata, per ben dieci anni, dell’organizzazione della prestigiosa e storica rassegna teatrale.
La camera azzurra è comparsa subito dopo alle sue spalle in una bella scenografia che ha presentato una struttura scenica sghemba, totalmente in tinta, con rimandi a contrasto a ghiacci e freddo polare creata da Maria Spazzi e illuminata ad arte da Alessandro Verazzi.
da La camera azzurra (foto di Laila Pozzo)
Il fuoco della passione di cui parla il romanzo è tutto nelle parole e nelle azioni dei personaggi che abitano quello spazio: due amanti maledetti, Antoine-Tony Falcone e Andrée Despierre, interpretati rispettivamente da Fabio Troiano e da una provocante, sinuosa Irene Ferri. Con loro, raccontano fatti e misfatti di questa liaison dangereuse un giudice, che è il vero protagonista del dramma di Simenon (Mattia Fabris) e la bionda e quieta moglie tradita di Tony, Giselle (Giulia Maulucci). Il quarto personaggio citato nel libro, il marito malato e poi defunto di Andrée, è solo evocato già fantasma, fa la sua apparizione solo nella ricostruzione ossessiva e ossessionata che il giudice mette e rimette in scena dopo i fatti di sangue che sono accaduti, rivissuti grazie a verbali e a lettere anonime.
Che si tratti di un gioco delle parti molto erotico che cela dentro di sé un gioco di spettri è ben chiaro a un certo punto dell’atto unico: la liscivia azzurra nominata anche sul palco, che dovrebbe mondare e rendere candidi onorabilità e animi, è fatta di cenere. Pettegolezzo, omertà, vigliaccheria, perbenismo, ipocrisia: sono questi i temi che attraversano la vicenda e i comportamenti dei protagonisti, tutti argomenti questi sì degni di condanna che dovrebbero impallidire di fronte al vento della passione. La condanna vera è invece riservata ai due amanti che sono deragliati, che sono diventati diabolici e che hanno messo la loro felicità sopra a tutto e a tutti — in scena soprattutto ad Andrée, perché Tony come tutti gli uomini a un certo punto fa marcia indietro e torna ad accoccolarsi nella rete a maglie strette della moglie.
C’è una complessità profonda in questo testo crudo di Simenon che dice molto altro, qui l’adattamento curato da Letizia Russo sceglie di puntare i riflettori sulla tensione generata dal conflitto tra l’ordine e il disordine, rappresentati dalla partita a due che diventa subito a quattro che si gioca tra la famiglia e l’alcova. Il giudice che dovrebbe ricondurre fatti e delitti all’ordine è egli stesso parte in causa, un portatore sano fino a un certo punto dei germi del tradimento e quindi del disordine: tutto è condannato a essere reiterato, come la scena antica che apre e chiude romanzo e spettacolo.
In alcuni tratti, a teatro, i caratteri sono molto marcati: l’amante malefica è molto amante malefica, la remissiva moglie tradita e molto remissiva moglie tradita e così via, vale anche per gli uomini, ma nel complesso la struttura di quest’opera letteraria non facile da rappresentare tiene e il dramma che è un peccato di società come dovuto passa in giudicato.
Applausi, dal pubblico in sala.