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Bassanonet.it

Contaminazioni

L'autostop come caleidoscopio della società del tempo

Monologo sulle ragioni per sporgere il pollice verso la strada e farsi travolgere dall'avventura.

Pubblicato il 30-10-2011
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Sono mesi ormai che la maggior parte dei miei spostamenti tra le varie città e paesi del mondo avvengono via autostop.

Le motivazioni sono varie e di natura diversa. La prima di queste è l’effettiva e piacevole possibilità di stabilire un contatto diretto e interpersonale, con le persone che decidono di aiutarmi. Si possono imparare delle cose da qualsiasi tipo di persone e non si sà mai in che di tipo di dialogo si finisce a navigare, o quale tipo di conoscenze ci aspettano. La profondità d’interazione, che scaturisce dalla prossimità fisica con l’automobilista, non è riscontrabile in nessun altra forma di viaggiare possibile. Leggermente diversa è la situazione quando è un camionista ad ospitarci nel suo abitacolo. La prossimità in questo caso è minore, il dialogo talvolta più scarso, e tra noi e i nostri interlucotori spesso si frappongono barriere di tipo linguistico, dal momento che la maggior parte dei conducenti di camion provengono dall’Europa dell’est e generalmente non masticano poi così bene le lingue dell’Europa Occidentale. Dialogo e interazione possono quindi essere minori in quest’ultimo caso, ma la solidarietà, anche se talvolta tacita, è davvero sorprendente. L’identificazione alla causa degli autoppisti da parte dei camionisti, che sicuramente hanno un livello di vita più semplice ed economicamente più svantaggiato rispetto alla maggior parte delle persone che si incontrano nelle strade, è notevolmente più profonda e solidale, tale da creare una sorta di sentimento di fratellanza tra chaffeur e autostoppista, una temporanea connessione tra i due in un microgruppo che condivide al suo interno l’opposizione a quel mondo di macchinoni belli e confortevoli, guidati talvolta da persone che non si sognerebbero neppure di far salire uno sconosciuto nella propria vettura.


Ecco perchè autostoppista e chaffeur si incontrano spesso l’un l’altro con piacere, colorando i loro rispettivi viaggi di una tinta originale e piacevolemente fruibile.

La seconda ragione per la quale ritengo che viaggiare in autostop sia una soluzione vantaggiosa è quella prettamente economica, i costi di viaggio infatti possono essere pari a zero, a meno che non si decida di contribuire alle spese del conducente, cosa che quest’ultimo richiede davvero raramente. In Marocco, dove è più normale e diffuso l’autostop, è normale per gli automobilisti di chiedere soldi in cambio di un passaggio, ma in ogni caso, quando non si hanno soldi a disposizione, è davvero raro che un passaggio venga negato. Al contrario, talvolta più poveri si è, più si alimenta la creazione di una situazione di solidarietà simile a quella vista tra chaffeur e autostoppista. Il marocchino, al rendersi conto di aver a che fare con un europeo avventuriero e noncurante del denaro, estrae dal suo cilindro la sua proverbiale ospitalità, sentendosi fortemente più connesso con il viaggiatore dai pochi mezzi, rispetto al turista che viene dal mondo “fatato” Europeo, dove tutto è possibile e i soldi sembrano cadere dal cielo (questa è l’idea d’Europa di molti africani prima di mettere piede nel suolo europeo).

La terza ragione per la quale scelgo quasi sempre di viaggiare in autostop è puramente emozionale: sporgendo un dito in direzione del mondo si dà una possibilità alla vita di offrirci quello che lei vuole, aprendosi all’avventura e all’inatteso. La tempistica del viaggio è un fattore che regola il flusso di emozioni: energia positiva incontenibile nei momenti nei quali non c’è eccessiva attesa tra uno spostamento e l’altro (quasi da sentirsi trasportati da un energia sconosciuta), e sentimenti un po’ più ansiosi quando l’attesa si fà lunga e sembra che nessuno a quel punto sia più intenzionato a portarci qualche chilometro in più, verso la nostra destinazione. Tra tutte queste caratteristiche, quest’ultima è senz’altro la più interessante, nonchè colei che fà muovere più di ogni altra le nostre cellule celebrali, mettendo alla prova le nostre emozioni. Nelle lunghe attese, soprattutto quando si viaggia soli, ma non esclusivamente, si impara progressivamente a rimanere sempre calmi, a pesare i pensieri, ad evitare di imprecare contro tutte quelle famiglie o coppiette che anzichè darti retta, ti guardano come se fossi un extraterrestre o un solitario residuo, rimasto per anni congelato, della gioventù degli anni settanta. Per alcune persone tu rappresenti una minaccia, e non sei nient’altro che la rappresentazione delle loro paure stesse, sotto forma di bersaglio contro il quale scaricare quelle freccie piene di tensione, derivanti dalle loro stesse insicurezze. Per alcune di queste persone, l’autostoppista non è nemmeno considerato un individuo, le sue parole non hanno nè suono nè significato e non sono altro che disturbi che aleggiano temporaneamente nel loro sistema uditivo e da questo sistema escono, senza essere state nemmeno analizzate.

Questi rifiuti radicali fanno riflettere sull’essere umano stesso, sulla sua insicurezza, sul proprio individualismo e sulla mancanza di un legame profondo che connetta gli esseri umani nella loro propria natura e nella loro interezza. La divisione in categorie dei diversi esseri sociali, rispondenti a caratteristiche ben definite dall’immaginario comune, è la causa più naturale del pregiudizio, e di conseguenza della paura, dell’ insicurezza, dell’ incomprensione e ahimè, della solitudine degli individui odierni. L’autostop è un’efficace strumento di analisi e di osservazione di queste dinamiche. Nei momenti di attesa maggiore, possono nascere il più delle volte i sentimenti migliori. La frustrazione del vedere centinaia di auto sfrecciarti davanti senza considerare di caricarti al loro interno si trasforma con calma in accettazione della situazione, fino a motivarti a cambiare l’approccio verso le persone all’interno del veicolo. Dopo un po’ si riesce a trasformare la stanchezza in amore nei confronti di tutte quelle auto, che non si stanno fermando forse perchè non le guardiamo con il giusto sorriso. Ci si rende sempre di più conto, che l’attitudine positiva verso le persone, è il motore magico che genera appunto il crearsi della situazione che stiamo cercando.

Un’ultima motivazione, per scendere in strada e sporgere il nostro pollicione verso il mondo, e forse la più evidente tra i tre, è di tipo ambientale. Viaggiare in autostop è una delle forme di viaggio più sostenibili, senza dubbio classificandosi dopo i nostri piedi, la bicicletta, lo skateboard o qualunque altro mezzo che non prevede consumi di energia non rinnovabile o carburanti.

Salendo a bordo di automobili con una destinazione precisa, evitiamo che siano due i veicoli ad andare nella stessa direzione, risparmiando quindi oltre che in traffico, in consumo di energia e carburanti. Tale risparmio ci permette di ridurre la nostra impronta ecologica e di essere più in armonia con il nostro pianeta. Un viaggio in autostop piuttosto lungo può anche permetterci di evitare di prendere un aereo per spostarsi anche solo di 300 chilometri, come accade spesso ai giorni nostri. Lo sviluppo di compagnie di volo low cost ha reso possibile a chiunque oggigiorno di viaggiare in aereo da un posto all’altro e di acquistare un nuovo volo, ogni qualvolta si presenti un’occasione attraente che ce lo permetta. Ma a non essere calcolato è il costo ambientale di ogni volo, che è ben più oneroso del valore monetario che assume attualmente. Per fare un esempio banale pensiamo all’eruzione del vulcano Eyjafjallajokull lo scorso Aprile. Giornali e televisioni ne parlavano diffusamente, considerando le conseguenze nefaste che avrebbe potuto causare per l’ambiente e per la salute. Tra le altre conseguenze c’è stato anche l’annullamento del 60% del traffico aereo previsto in aereo in quel periodo. Curioso pensare che l’annullamento di questi voli ha permesso un risparmio quotidiano di più di 200.000 tonnellate di emissioni CO2 , mentre le emissioni del volcano si assestavano diariamente intorno ai 150.000.[1] Un esempio di tipo diverso potrebbe essere un viaggio di circa 1000km. Comparando i tre mezzi di trasporto più diffusi scopriamo che la soluzione treno è senz’altro la meno dolorosa a livello ambientale, emetteremo solo 14kg di CO2 contro i 144kg che emetteremmo viaggiando con un automobile di media misura e i 204kg volando con un aereo.[2] Il dato calcola il viaggio di un singolo individuo e, tristemente per le strade oggigiorno, la maggior parte delle persone all’interno di un’automobile sono sole. Condividendo il viaggio con altre persone, l’impronta ecologica potrebbe essere ridotta progressivamente scendendo fino a circa 30kg (o qualcosa in più considerando il peso delle persone) nel caso in cui ospitassimo quattro persone a bordo della nostra auto, mentre al contrario, i kg di Co2 di ogni persona in più a bordo di un treno, aumenterebbero progressivamente, anzichè diminuire. Per questo l’autostoppista permette ad ogni automobile di ridurre la propria impronta ecologica, evitando di aumentare quella relativa al viaggio in treno, beneficiando al contempo di tutti i lati positivi enunciati precedentemente.

Per questo i motivi positivi per fare autostop sono molti, ed aiutano a capire molte cose, nonchè ad entrare in contatto con persone diversissime. Può capitare di trovarsi nello stesso viaggio prima nel camion di un ungherese il quale lavoro viene pagato meno di cinquecento euro al mese e qualche minuto dopo in Audi con i sedili in pelle di un tizio che discute con sua moglie se comprare o no un nuovo appartamento da 300.000 euro e se fare le vacanze o meno in un hotel anzichè in un altro. Viaggiare in autostop significa essere un passeggero del mondo e guardarlo intensamente dall’interno, con la consapevolezza che i nostri spostamenti non provocano una minaccia all’ambiente del mondo in cui viviamo. Viaggiare in autostop significa nutrire sempre fiducia nel nostro destino e nel nostro prossimo, investire di fiducia chiunque incontriamo ed entrare brevemente nella vita di persone dapprima sconosciute. Viaggiare in autostop significa liberarsi dall’oppressione del tempo e lasciare la porta aperta alla vita per sorprenderci e a donarci quello che abbiamo bisogno, esattemente nel momento in cui lo stiamo cercando. Ovviamente dobbiamo desiderare tutte queste cose e credere negli altri, nel destino e nell’importanza delle nostre scelte, per vivere nel mondo in maniera responsabile. Per molti il comfort, la solitudine, la velocità e la paura nei confronti degli altri, sono dei valori o non-valori in molti casi, non ancora abbandonabili, e l’autostoppista a bordo strada, rimane e rimarrà sempre un curioso extraterrestre.

Articolo di Nicola Zolin, Fotografia Audrey Fourrier

[1] www.onegreentech.it/20/04/2010/voli-cancellati-risparmiate-206-mila-tonnellate-di-co2-grazie-alla-nube-di-cenere/
[2] www.consoglobe.com/pgz76-pgz-comparaison-des-moyens-de-transport.html

Articolo pubblicato originariamente su clandestinamente: www.clandestinamente.it/2010/10/09/lautostop-come-caleidoscopio-della-societa-del-tempo/

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