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Rinascimento in bianco e nero

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Rinascimento in bianco e nero

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Politica

Ma chi ti ha dato il patentino

Si discute in Regione il controverso Pdl 116 che riconosce il “popolo veneto” come “minoranza nazionale”. Emendamento sul “patentino di bilinguismo” dell'Istituto Lingua Veneta. Maggioranza divisa. Finco spinge, insorge la Donazzan

Pubblicato il 04-12-2016
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Rinascimento in bianco e nero

“Me ciamo Pinco Pallo, sò nato a Bassan e me sò laureà a Padova in Sciense dea Comunicasion”.
Potrebbe iniziare così, in un prossimo futuro, il curriculum vitae di un nostro giovane alla ricerca di prima occupazione.
Non sto dando i numeri: no go bevùo graspa e no sò imbriàgo.

Fonte immagine: digilander.libero.it

Sto scrivendo sul serio. E comincio a scrivere in veneto (scusate eventuali errori o imprecisioni, ma sono un foresto) per prepararmi al peggio.
Oppure al meglio, secondo l'opinione di chi democraticamente la pensa diversamente da me.
È infatti in discussione in consiglio regionale a Venezia il Pdl (progetto di legge) 116. “Oscurato” in queste settimane dall'estenuante circo mediatico sul Referendum Costituzionale, si tratta di un provvedimento che sta passando sottotraccia. Ma non si tratta di un progetto di legge qualsiasi.
Riguarda infatti, come recita il titolo, “l'applicazione della Convenzione Quadro per la protezione delle minoranze nazionali”.

Come sloveni, ladini e altoatesini

In sostanza e in sintesi, il Pdl 116 - di iniziativa dei consigli comunali di Resana (Comune nel frattempo commissariato), Grantorto, Segusino e Santa Lucia di Piave, e già approvato dalla Prima Commissione del consiglio regionale, presieduta dal leghista Marino Finozzi - vuole conferire al “popolo veneto” lo status di “minoranza nazionale”, riconosciuta e tutelata sul piano internazionale.
Ovvero, come si legge sempre nel testo del Pdl, “realizzare la piena partecipazione del popolo veneto alle istituzioni italiane attraverso il riconoscimento dei diritti di “minoranza nazionale “ e il bilinguismo veneto-italiano che ne consegue”.
Il tutto sulla base dei diritti per le minoranze nazionali sanciti dalla Convenzione Quadro siglata dal Consiglio di Europa a Strasburgo il 1 febbraio 1995 (per ulteriori dettagli:
rm.coe.int/CoERMPublicCommonSearchServices/DisplayDCTMContent?documentId=090000168007cdd0).
Tra i diritti previsti dalla Convenzione: la libertà di espressione nella lingua minoritaria anche nei rapporti con le autorità amministrative, la creazione e utilizzazione di mezzi di comunicazione di massa nella lingua della minoranza nazionale, l'indicazione dei nomi delle strade e dei Comuni anche nella lingua minoritaria. Ma anche, sotto il profilo scolastico, il diritto alle persone appartenenti alla minoranza nazionale di creare e gestire “i propri stabilimenti privati di insegnamento e formazione”. Dando la possibilità agli stessi appartenenti alla minoranza “di apprendere la lingua minoritaria o di ricevere un insegnamento di questa lingua”. Esattamente come accade - ad esempio - per gli altoatesini ovvero sudtirolesi, per i ladini del Friuli o per gli sloveni del Carso goriziano e triestino.
Ma non tutti i residenti nella nostra regione, secondo il testo originario della proposta in discussione, potrebbero godere di simili privilegi.
Nella prima versione del Pdl, infatti, il riconoscimento dei diritti per gli appartenenti al “popolo veneto” è subordinato “al possesso del patentino di bilinguismo, regolato da apposita delibera dell'Istituto della Lingua Veneta nel rispetto del suo statuto”.
E lo stesso Istituto della Lingua Veneta, sempre secondo il testo originario, “opera come rappresentanza istituzionale della minoranza per quanto concerne l'attuazione delle disposizioni della legge n. 302/1997”.
Ovvero della legge che stabilisce la “ratifica ed esecuzione” della Convenzione Quadro di Strasburgo sulle minoranze nazionali.
La questione, in consiglio regionale, è stata al centro di un accesissimo scontro.
Per il capogruppo del M5S Jacopo Berti si tratta di “un guazzabuglio scritto male, che niente ha a che fare con la lingua veneta e che potrebbe portare a conseguenze devastanti per la Regione stessa”.
L'esponente pentastellato ha puntato il dito in particolare sull'Istituto della Lingua Veneta, l'entità privata originariamente al centro di tutta l'operazione.
“Ci chiediamo - afferma Berti - quali garanzie avranno la Regione e lo Stato in merito a eventuali derive etniciste da parte dell'istituto in questione.” “La legge infatti - ha tuonato il capogruppo M5S - non prevede limiti o meccanismi di controllo sull’operato del soggetto, il cui presidente Loris Palmerini, ha redatto il testo in esame in questi giorni in consiglio regionale.”
“La legge - ha concluso Berti - darebbe perciò un riconoscimento di rango giuridico e istituzionale all’ente privato e questa situazione va decisamente contro l’ordine democratico. Anzi: si configurano le basi perché si arrivi, per la prima volta nella storia della Repubblica, a uno scioglimento del consiglio regionale e alla rimozione del presidente della Regione per atti contrari alla Costituzione.”
Ma ha replicato il governatore Luca Zaia: “Non cadrò per questa legge”.

Finco vs Donazzan

Progetto di legge che però, nel frattempo, è in procinto di essere radicalmente cambiato. Se non persino “snaturato”, come dichiarano i suoi più convinti sostenitori. Nell'ultimo consiglio regionale sono stati infatti proposti dallo stesso relatore della legge Riccardo Barbisan (Lega Nord) gli emendamenti che prevedono l'eliminazione del “patentino” e dell'incarico assegnato all'Istituto Lingua Veneta. Ma resta ancora aperta la questione del bilinguismo.
Una mutazione “genetica” dei contenuti del Pdl che la Lega Nord e la Lista Zaia, favorevoli al provvedimento, hanno dovuto in qualche modo digerire a seguito dell'annunciato voto contrario delle altre forze della stessa maggioranza in Regione: Forza Italia e Fratelli d'Italia - AN.
Una innegabile e forte spaccatura in seno alla maggioranza di governo sulla quale il capogruppo della Lega Nord Nicola Finco, intervenuto in aula consiliare a favore del progetto di legge, ha minimizzato: “Come già ribadito dal presidente Zaia, la maggioranza in consiglio regionale è compatta, si tratta di normale dialettica politica tra alleati.”
Alla faccia della dialettica: proprio in aula consiliare è scoppiato un clamoroso battibecco tra i bassanesi Nicola Finco ed Elena Donazzan, assessore della giunta Zaia in quota Forza Italia.
Alle parole di Finco (“Siamo qui per tutelare i cittadini che sono orgogliosi di essere veneti e non italiani”) è partito il missile terra-aria della Donazzan: “Ti invito a ridirlo la prossima volta che vai ad una manifestazione degli alpini, perché non si possono dire certe cose qui dentro e certe altre fuori.”
La “guerra” a parole è stata interrotta da una sospensione dei lavori consiliari, ma è proseguita sui social network. La pasionaria di destra Elena ha dichiarato al Corriere del Veneto: “Stiamo diventando ridicoli e ci diranno: chiudete le Regioni. Basta gare a chi è 'più veneto'.” Mentre su twitter ha persino lodato l'intervento del “nemico” Piero Ruzzante (PD): “Grazie @pieroruzzante perché hai fatto lezione in @Consiglioveneto sulla grande storia del #veneto. #nessunaminoranza ma tanta ignoranza.” Aggiungendo inoltre tutta una serie di altri tweet al calor bianco, del tipo: “Oggi in aula a parlare di #veneto minoranza nazionale? e poi ci chiediamo perché ci prendono in giro? ci facciamo prendere in giro!!” Non è mancato il velenoso “cinguettio” di replica di Nicola Finco: “Alleanza fascio comunista. Altro che Dio, patria e famiglia.”
Fin qui l'ameno resoconto di una piccola parte delle simpatiche discussioni in corso sul progetto di legge che ci vuole trasformare in minoranza nazionale con diritto alla tutela e al bilinguismo.
Io mi fermo qui, perché ho già scritto abbastanza e devo riservare energie per argomenti sicuramente più importanti.
Sta per iniziare una nuova settimana, incombe ormai il risultato del Referendum e domani per questo motivo, come direbbe un mio amico imprenditore di Cassola, go na passùa de robe da fare.

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