Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
4-11-18 Settembre 2025
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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Primo piano
Pubblicato il 02-09-2011
Visto 3.017 volte
Nella quarta serata offerta dalla rassegna B.motion la compagnia Città di Ebla ha messo in scena al Teatro Remondini il primo dei due spettacoli proposti in cartellone intitolato The dead. La performance, diretta dal regista Claudio Angelini, ha presentato una creazione scenica liberamente ispirata al racconto di James Joyce che chiude la raccolta Dubliners: “I morti”. La scelta di partire da un racconto letterario, da uno di quelli che possono essere considerati perfetti, cioè risolti in pienezza nell’ambito espressivo che li veicola – la scrittura – e di togliere loro “la parola”, costituisce da tempo il nucleo di ricerca e di approfondimento del gruppo di questa Città nuova, e che proviene da Forlì. La loro campagna di scavo ha individuato nella fotografia un dispositivo originale di rappresentazione che in questo caso si è sostituita alle parole per raccontare la morte e l’assenza della persona amata, lo schianto e la nostalgia del sopravvissuto, la riconciliazione con la vita. La seconda parte dello spettacolo ha visto avanzare sullo schermo calato sul palco una sequenza di fotografie scattate in tempo reale da Laura Arlotti alla scena e all’attrice protagonista Valentina Bravetti. Celati da questa sorta di diaframma la fisicità dello spazio, l’allestimento è in una camera da letto, e del tempo, la luce che entra da una vetrata posta sullo sfondo scandisce come un orologio il passare delle ore, con lo scendere dello schermo, una sorta di ghigliottina, compaiono con un taglio netto il buio, la notte, la morte. Nelle fotografie tutto diventa bidimensionale, o morte o vita, unico legame, l’unico legame possibile tra i due, i gesti immobili compiuti sul letto e nella stanza da chi rimane, gesti familiari, noti a tutti quelli che hanno perso una persona cara, atti che inscenano una tragedia muta senza spettatori, destinata a nessuno. Nella seconda parte della performance nelle immagini scorrono a scatti l’annientamento del superstite, il suo attaccamento nei confronti degli oggetti (un pullover di lana, un cappello, le fotografie, l’impronta sul cuscino), tutti scatti frammentari, lapidari, il lenzuolo reso neve e un sudario, le azioni dirette da un solo senso: la pretesa umana di rendere immortale attraverso il ricordo. E come si scopre nel finale del racconto di Joyce, questa potenza, che è alla nostra portata e che consente l’unico superamento possibile della morte, può guidare su strade carovaniere impensate, sotterranee o celesti, tutto il resto di una vita, di più vite. Applausi tiepidi del pubblico bassanese, forse anche per esorcizzare questa visione che umanizza, quindi rende imperfetto, il bellissimo racconto di Joyce.
"The dead", compagnia teatrale Città di Ebla