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Nella storia dell’arte contemporanea, si è pensata all’esistenza di un filo ideale che parte dall’inizio degli anni Sessanta e si dipana, seppure in modo contorto e non lineare, fino ad oggi.
E’ all’interno di questa tendenza trasversale, definita convenzionalmente “ludico concettuale”, che si pone il lavoro di Antonio Riello.
Successivamente al clima fortemente ideologizzato e privo di qualsiasi sfumatura autocritica del concettual-poverismo, si faceva strada un atteggiamento fortemente provocatorio, leggero e giocoso ma allo stesso tempo mentale, che durante un’importante esposizione fatta in Germania (1995), verrà definito “Italienischer Ironischer Konzeptualismus” ovvero “ Concettualismo Ironico Italiano”.

Bambole Gonfiabili, 2005
Riello è senz’altro uno dei protagonisti di questo clima di eclettismo stilistico che ebbe grande fioritura in Italia, soprattutto negli anni Ottanta, ma che non fu supportato dalla promozione e dal mercato, lasciando in ombra molti artisti di forte levatura.
Così, Riello ed altri suoi “compagni di strada” ( Corrado Bonomi, Alessandra Galbiati, Francesco Gabelli, per citarne alcuni ), si connotavano per un’ampia dose di irrivente e caustica irrisione di molti luoghi dell’immaginario collettivo, in sintonia con quella parte dell’area storica del Concettualismo, in grado di rappresentare al meglio il “ genius loci” italiano e simboleggiata da autori quali Piero Manzoni e Pino Pascali.
Pur avvicinandosi al clima Pop-concettuale, Riello se ne differenzia nettamente, collocandosi su un piano diverso e , se vogliamo, più evoluto: i suoi lavori infatti non sono nè copie nè simulacri bensì oggetti autonomi e “reali”, anche se “devianti” rispetto alla serie.
Le armi, le bombe a mano e i fucili, alcuni dei suoi più noti lavori, sono perfetti accessori alla moda: seducenti, resistenti e preziosi diventando “qualche cosa” di diverso dalla loro precedente condizione di oggetti.
Le “ merci” così create vengono ad assumere una finta identità seriale: l’equivoco riguardo la sua reale funzione è giocato su un margine sottile, in cui, se si vuole smascherare l’inganno, occorre la complicità del fruitore.
A cura di Cristiana Zortea
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