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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Attualità

Ciao, professore

In memoriam: Giorgio Pegoraro, grande uomo di lettere e di scienze umanistiche, e già assessore alla Cultura di Bassano, scomparso all'età di 83 anni

Pubblicato il 30-08-2013
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Brassaï. L’occhio di Parigi

“Szervusz, Sándor”. Traduzione: “Ciao, Alessandro”.
Mi salutava sempre così - con perfetta pronuncia magiara - il professor Giorgio Pegoraro, ogni volta che avevo la fortuna di incontrarlo.
L'ungherese, nobile lingua ugrofinnica, era il nostro personale linguaggio in codice con il quale scambiavamo sempre qualche parola: per me la lingua del sangue, quella di mia nonna e di mio padre, e per lui la lingua del cuore, dopo tanti anni trascorsi all'Istituto Italiano di Cultura di Budapest, una delle grandi capitali di quella Mitteleuropa che tanto ha significato, in termini di stimoli linguistici e di frequentazioni letterarie, per il suo enorme bagaglio culturale.

Il professor Giorgio Pegoraro (foto Alessandro Tich)

Solo una tappa, quella in riva al Danubio, di un lungo e felice percorso che in veste di direttore degli Istituti Italiani di Cultura all'estero lo aveva ancora visto protagonista, da autentico cittadino europeo, nelle istituzioni culturali nazionali di Strasburgo, Helsinki, Grenoble e Stoccarda.
Un'esperienza internazionale nonostante la quale, e anzi proprio grazie alla quale, non si era mai dimenticato di Bassano del Grappa, la città vicina alla sua natia Fonte, che al suo definitivo ritorno in Italia è diventata il luogo deputato del suo grande contributo, alla comunità locale, da uomo di lettere e di scienze umanistiche prestato anche a pubblici incarichi.
In una bellissima intervista del 2009 della nostra Laura Vicenzi, il professore - nella riconfermata veste di assessore alla Cultura e Attività Museali del Comune di Bassano, dopo aver retto lo stesso assessorato dal 1999 al 2004 - affermava, da “conoscitore della realtà europea”, che la nostra città “possiede un patrimonio di bellezza, di cultura e di spessore artistico che vale la pena di valorizzare e su cui è d’obbligo pensare di investire impegno e denaro”.
Parole che hanno ispirato negli atti concreti la sua attività di amministratore pubblico - finché le condizioni di salute e probabilmente anche qualche mancata sintonia con il Palazzo non lo hanno spinto, dopo solo un anno, alle anticipate dimissioni - e che oggi, in questa nostra Bassano alla ricerca della sua vera identità, risuonano in tutta la loro sferzante attualità.
Nel frattempo il professore ci ha lasciato: è mancato ieri, all'età di 83 anni, dopo un'intera vita dedicata ai suoi amati studi e alla divulgazione della cultura interpretata come un'autentica missione. Una figura di riferimento, nonostante la sua indole riservata e la sua naturale ritrosia ad apparire sotto i riflettori.
Il Comune di Bassano, partecipando al lutto della famiglia per la scomparsa dello “studioso e intellettuale, insignito del Premio San Bassiano” e dell'“indimenticato Assessore alla Cultura”, nell'epigrafe affissa oggi in città ne ricorda “la profonda cultura, le rare doti umane, l'amore per i classici, l'opera di diffusione della lingua e della cultura italiana in tutta Europa”.
Non sono parole di circostanza: Giorgio Pegoraro era tutto questo, e non solo questo. Era soprattutto un uomo di altri tempi: con quella gentilezza nei toni e nei modi, quella brillantezza di spirito, quel senso di sincera umiltà e quell'immancabile sorriso che rendevano ogni incontro con lui un'esperienza piacevole e sempre arricchente. Un vero galantuomo: parola ormai desueta nel vocabolario di oggi.
Era anche un maestro - e in quanto tale, anche in questo campo appassionato divulgatore - degli scacchi: gioco che permette “la ricerca attiva di una verità che parte da zero” e quindi utilissimo, come diceva, per allenare la mente ad affrontare la vita e il lavoro “con la capacità di saper vedere e scegliere” e “nel rispetto delle regole”.
La letteratura era il suo pane quotidiano e parlava di Petőfi o di Shakespeare come se li avesse conosciuti di persona, ma non lo faceva mai pesare: gli atteggiamenti “dall'alto della cattedra” non gli appartenevano. Amava anzi condividere con gli altri le sue conoscenze: ed è stata questa la costante molla della sua instancabile attività di divulgatore, ricercatore, scrittore e promotore di eventi e rassegne di cultura.
E' stato anche, tra le tante altre cose, direttore dell'Associazione Dialogos, presidente della Società Dante Alighieri e membro del Comitato Senecano promotore del concorso “Certamen Senecanum” rivolto agli studenti. Tutti incarichi rivolti alla promozione della cultura nei confronti dei giovani, ai quali si sentiva vicinissimo.
“Ho sempre apprezzato nel rapporto con gli altri - aveva dichiarato in quella ormai storica intervista a Laura Vicenzi - la disponibilità ad ascoltare non disgiunta da una sana curiosità, quella che muove i giovani e il loro apprendere.”
“Ai ragazzi, accanto al mondo della tecnologia in cui è indispensabile sapersi orientare nel presente e nel futuro - aveva aggiunto -, devono essere fatti percepire e conoscere anche i mondi paralleli del passato, coesistenti al “qui ed ora”, mondi le cui tracce sono presenti intorno a noi, e ciò per renderli più consapevoli anche della loro identità.”
Anche queste non erano parole di circostanza: ma autentica espressione, anche qui confermata dagli atti, del suo credo e della sua grande fiducia nei confronti delle nuove generazioni. Ed era uno spettacolo nello spettacolo vederlo gioire in prima fila, al Teatro Remondini, davanti alle performance sul palcoscenico del concorso “Lecturae Dantis”, promosso dalla Società Dante Alighieri, nel quale gli studenti delle Scuole Superiori di Bassano interpretavano, con i linguaggi e anche con le tecnologie di oggi, i canti della Divina Commedia.
Tanti piccoli tasselli del grande mosaico, umano e intellettuale, di una personalità che chi ha avuto il privilegio di conoscere non può che ricordare con sincero ed ammirato affetto. Il professor Pegoraro lascia ora alla sua Bassano un'eredità morale, prima ancora che culturale, che non va dispersa.

Szervusz, György. Ciao, Giorgio.

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