Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
4-11-18 Settembre 2025
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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
Primo piano
Pubblicato il 30-04-2017
Visto 1.984 volte
La reliquia di Costantinopoli (Neri Pozza, 2015, pp. 590, euro 18,00), di Paolo Malaguti, sarà il libro protagonista dell’appuntamento mensile di maggio, martedì 9, alle ore 17.30, del gruppo di lettura della biblioteca civica “Ex libris”. In una conversazione con l’autore, si parlerà del suo romanzo, rientrato tra i dodici finalisti al Premio Strega nel 2016.
L'incontro è aperto alla cittadinanza.
Istanbul
Il libro, una fiction storico-avventurosa ambientata negli anni a cavallo tra il XV e il XVI secolo d. C. a Costantinopoli (l’antica Istanbul, prima Bisanzio) narra, come dichiara il titolo, una “saga delle reliquie” che si snoda al tempo della caduta della città nella sua veste di “arca della santità cristiana” dopo la conquista da parte dell’Impero ottomano e in particolare ai tempi dell’assedio di Maometto II.
La prima parte del libro illustra il ritrovamento di un manoscritto redatto e celato da Gregorio Eparco, un “servo di Dio” precettore, da anziano, del giovane nobile veneziano Giovanni Marcipian, e il breve epi(pro)logo annuncia il proseguimento dell’avventura alla ricerca delle reliquie perdute da parte dello stesso Giovanni, venuto a parte dei segreti lasciatigli in eredità dal suo maestro. Nel mezzo, oltre 500 pagine di storia e di storie rivissute attraverso le memorie scritte in greco da Gregorio, che ha annotato su quelle carte, con tutta la precisione di cui è stato capace, i fatti, i diversi e strani accadimenti di cui è stato testimone. Al centro di questi fatti, in parte romanzati, la missione di Gregorio, che diviene, oltre che narratore, protagonista di alcune di quelle vicende, e che decide, assieme al socio-amico Malachia Bassan, di recuperare «i frammenti di Paradiso» appartenuti ai santi e disseminati nelle chiese, nei sotterranei e dentro il Grande Palazzo imperiale di Costantinopoli, per trarli in salvo dalla minaccia di distruzione incombente. Il proposito, seppur pieno di insidie e di pericoli, è attraente anche per il suo socio, un giovane veneziano ebreo, simpatico e scafato, la cui famiglia è originaria di Bassano, per il quale, male che vada, quelle reliquie così preziose avranno pur sempre un mercato.
Vissuta tra imboscate, fughe, enigmi, storie di guerra e d’amore, l’avventura dei due ha come sfondo la Città d’Oro sotto assedio − decadente, magnifica − che è protagonista e insieme spettatore impotente, preda del suo destino, del racconto di Malaguti.
Il senso della caduta, la tristezza che si impadronisce di un luogo e dei suoi abitanti in conseguenza alla perdita d’identità, a cui fa da contraltare, per chi l’ha in memoria, quella speculare narrata da Orhan Pamuk nel suo Istanbul, impregnato della profonda malinconia dei suoi concittadini (lo hüzün, in turco) conseguente alla caduta dell’Impero ottomano nel secolo scorso, restano sfocate all’orizzonte nel romanzo di Malaguti, che è invece frutto di una ricerca certosina, colta, documentata, che pare connaturata da una vocazione saggistica nel suo procedere illustrando, spiegando, e da una propensione a far conoscere, a equipaggiare di chiarimenti orientanti indirizzati al lettore.
Fa parte della ricerca anche la scelta della mescolanza linguistica inserita nel romanzo, che riporta elementi della parlata giudeo-veneziana delle comunità ebraiche presenti a Venezia a quei tempi, a corredo della ricca ricostruzione storica, artistica e culturale a cui ha lavorato l’autore.