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I biopic al cinema vanno forte questa stagione. Dopo il ritratto senza filtri del fondatore dell’FBI in J. Edgar di Clint Eastwood, anche la grande Meryl Streep si cimenta con un personaggio contorto e importante come il primo ministro inglese Margareth Thatcher e torna a lavorare con Phyllida Lloyd con cui aveva già girato Mamma mia!
Il ritratto che ne esce è sicuramente inflessibile, senza fronzoli e giudizi, la forte personalità della donna viene messa in scena mescolando sapientemente politica e privato, una donna incapace di arrendersi e di abbandonare le proprie idee costretta però all’aiuto e agli sguardi impietosi di chi l’assiste negli anni della vecchiaia.

Punto di forza del film è sicuramente la scelta di montaggio che prende leva dall’Alzheimer che colpisce la Thatcher e che porta così lei e lo spettatore a mescolare passato e presente, con lassi di tempo condensati e identificabili da immagini di repertorio. Dai primi anni in corsa come deputata del parlamento fino alle rivolte degli anni ’80 e la guerra delle Faulkland la macchina da presa segue impietosa il cammino di una donna apparentemente senza scrupoli, osannata durante il suo governo e poi da subito stigmatizzata dal suo partito. Ma The iron lady mostra soprattutto come il primo ministro era tra le mura domestiche, inflessibile e spesso assente , e come una donna di potere potesse far reggere un matrimonio partito quasi per interesse e ora simbolo di rimpianti. Il marito è infatti la figura tormentata e tormentante, filo rosso della storia e punto irrisolto di una vita.
La Streep consegna l’ennesima prova di grande attrice, candidata per la diciassettesima volta ai premi Oscar come miglior attrice potrebbe riuscire a spuntarla per la notte del 26 febbraio. Il trucco la rende perfetta nel ruolo e la sua capacità interpretativa la presenta credibile sia nei panni forti e volitivi degli anni di governo sia in quelli più invecchiati della malattia.
Il finale amaro ci lascia con una donna ormai sola, senza potere e senza grinta, la cui malattia ce la offre forse, finalmente, più umana.
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