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Se Hereafter aveva deluso alcuni il motivo era da ritrovare nella travagliata storia che stava dietro la produzione del film, passata di mano in mano fino ad approdare in quelle sicure di Eastwood. Il risultato era buono, certo, ma distante, sia in temi che in fattura, dalla filmografia del regista.
Ora con J. Edgar l’instancabile 80enne torna con un progetto diretto, prodotto e musicato da sé.
Il film ha per protagonista un sempre strepitoso di Caprio che interpreta il fondatore dell’FBI John Edgar Hoover, uomo caparbio e intelligente che in 48 anni di servizio ha saputo arginare pericolose crisi sociali ma anche approfittare del suo potere attraverso ricatti e metodi indelicati.

L’immagine che ne esce è dunque nuova rispetto a quanto di lui si sapeva, dal rapporto con una madre despota e autoritaria all’ambigua amicizia con il collaboratore Clyde Tolson.
Attraverso la figura di quest’uomo di potere vengono rivisitati eventi che hanno segnato nel profondo la coscienza e la politica americana: l’inizio sconvolgente con l’attacco simultaneo di 33 bombe ad opera di una fazione bolscevica del 1919 e il conseguente rastrellamento di immigrati sospetti, il rapimento del figlio di Charles Lindberg che sconvolse il mondo intero e la lotta contro i gangster fino al presente filmico che riguarda la posizione di Martin Luther King e della famiglia Kennedy e l’insediamento nella Casa Bianca di Nixon.
Se già tutte queste coordinate del passato rendono ostica la visione in quanto prevedono la conoscenza dei fatti, la narrazione non lineare del film poco aiuta. J. Edgar ormai stanco e invecchiato cerca infatti di mettere in ordine tutte queste vicende e di presentare una sua verità storica per mettere a tacere tutte le maldicenze che su di lui e sul suo Bureau girano, e così attraverso la scrittura di queste memorie veniamo noi stessi immersi in indagini ed epoche diverse per poi scoprire, amaramente, nel finale quanto questa verità sia malleabile, quanto Edgar stesso sia altero ed egocentrico per piegarla al suo volere.
L’interpretazione di di Caprio è da Oscar, così come quella degli altri protagonisti (da citare anche Naomi Watts nei panni della fedele segretaria personale e Judi Dench in quelli della madre) ma stride quando ci troviamo davanti attori invecchiati con trucchi che lasciano a desiderare. La fotografia è però, come sempre nei film di Eastwood, splendida e rende alla perfezione l’immaginario degli anni passati.
La visione non è quindi delle più semplici, perché ci troviamo indubbiamente di fronte ad un film storico che ha in Clint il suo maestro.
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