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Carlo III manda in pensione il treno della regina
Ma quale nuova tecnologia 3D, quale innovativo e iperbolico effetto speciale? Il ritorno al passato, ecco cosa sa fare breccia inaspettatamente nei cuori degli spettatori.
E così, Michel Hazanavicius, regista francese semisconosciuto, si è incamminato per una via che definire azzardata sarebbe un eufemismo, scrivendo e dirigendo The Artist.

Cos’ha di particolare questo film? Ad un primo sguardo si potrebbe dire niente, classico film degli anni ’20-’30 che narra le vicende di un famoso attore del cinema muto che entra in crisi personale ed economica con l’arrivo del sonoro. Tutto invece se, guardandolo bene e leggendo la sinossi, si scopre che questo film è stato girato nel 2011, l’anno del 3D, degli effetti speciali e in cui il sonoro è ormai inscindibile dalle immagini.
Un’operazione nostalgia che colpisce non solo i critici (che apprezzano e acclamano l’omaggio al cinema che fu) ma anche, e questo è forse più inaspettato, gli spettatori. A Cannes il film era stato acclamato come capolavoro vincendo addirittura il premio per il miglior attore, ma ora anche ai botteghini The Artist non sfigura nella lotta natalizia senza esclusione di colpi, non numeri da record, certo, ma per un film in cui le uniche battute avvengono ormai nella conclusione è già un successo.
La storia come detto non è delle più originali, ma sono gli attori , la loro bravura e la loro mimica, a fare la differenza. L’eleganza d’altri tempi di Dujardin ricorda attori come Fred Astaire e Valentino (non a caso interpreta un certo George Valentin), e assieme alla grazia e alla bellezza di Bérénice Bejo (la spumeggiante Peppy Miller) compongono una perfetta coppia da vedere e da amare, che si lascia e si scontra tra gli anni del passaggio al sonoro, della nuova e fresca generazione di attori e della grande crisi economica del ’29. Oltre agli attori non si può non divertirsi a seguire le buffe gesta del cagnolino Jack Russel, inseparabile compagno di George che dà vita a gag semplici ma efficaci. La mancanza di dialoghi è poi ben sopperita da una musica d’altri tempi che sa essere non solo di accompagnamento ma anche esplicativa
E ci si abbandona quindi alla visione nostalgica e piena di magia come da tanto non si faceva, perché The Artist non è solo un omaggio alle origini, è un atto d’amore verso il cinema e verso chi lo ama.
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