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Alessandro TichAlessandro Tich
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Attualità

Il placido Don

“Da questa bara, nella sincerità della mia fede, non ho nemici”. Originale fino all'ultimo: ecco il messaggio registrato da Don Giovanni Bellò per il suo funerale

Pubblicato il 20-03-2021
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La voce è la sua, inconfondibile. Ma il messaggio è registrato all'interno di una chiesa e l'eco e il rimbombo ambientale rendono difficile il suo ascolto amplificato agli altoparlanti.
Al termine del funerale di Don Giovanni Bellò, nella Chiesa Arcipretale di Solagna, quando il feretro è già all'esterno per l'ultimo viaggio verso il cimitero, i referenti della parrocchia provano a diffonderlo dalle casse acustiche grazie alle quali la mesta cerimonia è stata seguita dalle tante persone rimaste fuori. Solo un pezzetto, perché il messaggio integrale dura quasi 20 minuti. Tuttavia il tentativo è inutile per la limitata qualità audio della registrazione e il brusio della gente. Il parroco di Solagna Don Massimo Valente informa quindi dall'altoparlante che il messaggio integrale sarà pubblicato per iscritto su un foglio del bollettino parrocchiale. Nel giorno dell'ultimo saluto al conosciuto e beneamato “prete volante”, assieme ai sentimenti di cordoglio della comunità c'era molta curiosità per questa registrazione, frutto dell'incontenibile spirito di iniziativa del sacerdote solagnese.
Come ho già scritto nel mio articolo “L'ultimo volo”, nel 2007 Don Bellò aveva infatti registrato su un'audiocassetta l'orazione funebre da far ascoltare ai fedeli nel giorno delle sue esequie. Quel giorno, purtroppo, è arrivato. Con una celebrazione che ha dovuto rispettare le vigenti regole anti Covid: posti in chiesa distanziati e solo a sedere, priorità ai famigliari e alle persone più vicine al caro estinto, volontari della Protezione Civile all'ingresso per il controllo e il filtro degli accessi. Presenti alla mesta cerimonia i sindaci di Solagna Stefano Bertoncello e di Borso del Grappa Flavio Domenico Dall'Agnol, primi cittadini dei due Comuni che più rappresentano il percorso terreno del sacerdote deceduto l'altro ieri.

Il feretro di Don Giovanni Bellò accompagnato all'esterno della Chiesa Arcipretale di Solagna (foto Alessandro Tich)

A Solagna Don Bellò era nato, cresciuto e qui era ritornato dallo scorso settembre nella casa di famiglia dopo il ritiro dal sacerdozio attivo. A Semonzo di Borso del Grappa ha vissuto il capitolo più lungo e significativo della sua missione di parroco, assurto anche a padre spirituale dell'attività di volo libero sul Grappa. Presente anche, sempre con la fascia tricolore, il sindaco di Valbrenta Luca Ferazzoli: a Primolano infatti, in quello che allora era il Comune di Cismon del Grappa, Don Bellò aveva assolto per una quindicina d'anni come parroco la fase precedente del suo servizio spirituale, dopo i primi passi da sacerdote compiuti nelle parrocchie di Valdobbiadene, Quero, Piovene Rocchette e Carrè.
Tutte comunità nelle quali, grazie al suo scoppiettante modo di porsi e alla sua vulcanica personalità, ha lasciato il segno e un indelebile ricordo.
Presieduta dal vescovo di Padova mons. Claudio Cipolla, la cerimonia ha dato modo di rendere omaggio alla figura dello scomparso, prete “sui generis”, profondamente legato ai dettami della Fede che sapeva e voleva diffondere con un piglio tutto suo: ironico, amichevole, spiritoso, imprevedibile.

Dunque l'orazione funebre che Don Giovanni Bellò ha pronunciato per sé stesso sarà disponibile in forma scritta sulle pubblicazioni della parrocchia di Santa Giustina di Solagna. Ma un suo nipote, Alessandro Bellò, mi ha passato la registrazione.
Don Giovanni, come ho già avuto modo di scrivere, era una persona gioviale, calorosa, sempre pronta alla battuta, molto spesso fulminante. Conversare con lui era uno spasso, ma in tema religioso ha sempre preso molto seriamente il significato della sua missione.
E la sua auto-orazione per il giorno dell'addio è il compendio di questa solenne sacralità: un messaggio profondo, spirituale, accorato, costellato di invocazioni al Signore e introdotto da tre simbolici battiti sul microfono, a riprodurre il rumore del bussare dall'interno della bara. Un vero e proprio testamento spirituale che rappresenta l'essenza di Don Giovanni come uomo di chiesa. Il diffonderne quindi le parole, a beneficio anche di chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo in vita, è cosa buona e giusta. Di seguito riporto pertanto alcuni tra i passaggi più significativi del discorso registrato, in memoria di questo “sacerdote amico”, come lui stesso si è definito:

“Desidero che questo momento sia sacrosanto, prezioso. Desidero che sia in adorazione all'infinita santità di Dio, ringraziamento degli infiniti doni che il Signore ha fatto a me, invocazione di misericordia per le mie tante miserie e debolezze ma anche invocazione di grazia come vocazione all'eternità. Non morirò, resterò in vita, voglio cantare le glorie del Signore e cospargere la terra di grazie e di benedizioni.”
“Sono nato il 3 novembre 1936, secondo di 11 figli, Scorpione. Il mio carattere è ipersensibile, per cui la sensibilità è anche vulnerabilità. Cari fratelli, desidero porgervi dei semplici pensieri per aiutarci reciprocamente ad amare ancor più il Signore, che è stato il desiderio della mia vita fra tanti difetti e difficoltà.”
“È giusto credere nella santità della morte, nella bellezza della morte, non è monotona perché non è ripetitiva, ma io credo che ho sempre desiderato con San Paolo di vivere in Cristo. Vivere in Cristo è per me anche morire per Cristo. Desidero di essere sciolto da questo corpo di peccato e di miseria per poter amare il Signore. Non morirò, resterò in vita, voglio lodare il nome del Signore. O Signore concedimi di poter essere dalla morte culla, fonte di tante benedizioni per quanti mi hanno amato e sono stati oggetto del mio apostolato.”
“Sono contento di lasciare questa terra e di congiungermi ai miei cari in cielo. Sono contento di aver passato questi lunghi anni come figlio, come sacerdote, come cristiano. In mezzo a tanta gente che ho tanto desiderato di amare, a cui poter fare tanto del bene. Sono contento di concludere questa giornata terrena come pellegrinaggio. Non turismo: da asceta. (…) Tanto amato, forse per la mia cordialità, forse per la mia generosità. Chiedo umilmente perdono a tutti voi di ogni sgarbatezza, di ogni miseria, di ogni parola, di ogni atteggiamento. Al momento presente posso dire: da questa bara, nella sincerità della mia fede, non ho nemici. Mi sento di amare tutti e ho desiderato amare tutti. Questo mi consola anche in questo momento solenne e delicato.”
“Dove sono io voglio che siate anche voi. Cari fratelli, spero di non essere all'Inferno perché se no dovrei tirarvi giù. Spero di essere in Paradiso, con tutta la famiglia divina. (…) Fratelli, possiate essere tutti salvi e santi, possiate santificare tutte le azioni della vita: il dolore, l'amicizia, l'amore, la famiglia, il tempo, la sofferenza. (…) Che possiamo tutti un domani continuare la bella famiglia di fede e di grazia che abbiamo instaurato in questa vita naturale.”
“Desidero rinunciare a tutto quello che ho, ma non desidero rinunciare all'amore che vi porto e che desidero portarvi. Spero che l'eternità mi giovi a ricambiarvi, a credere che le gioie spirituali superino ogni bene materiale che tante volte diventa triste legame, catena, terra sacra e cattiva che ci fa perdere il gusto delle cose sante e divine.”
“Vi saluto, vi auguro ogni bene, che possiate tutti camminare nella gioia e nella benedizione del Signore. Che ogni vostra azione venga riposta nel banco o nella banca della provvidenza e che noi e voi possiamo domani ritrovarci nella famiglia santa del Signore assieme a tutti i nostri cari. Grazie a voi per ogni grazia che mi avete fatto. Saluti. Il vostro sacerdote amico Don Giovanni Bellò.”

Il 29 aprile

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