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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Special report

Attualità

Gli ultimi Cowboys

Blitz del vostro cronista alla tradizionale Fiera Franca del bestiame di Bassano. Con la campagna che per i pochi affari conclusi continua a lamentarsi, e la città che di fronte agli animali sempre più rari da vedere continua a sorprendersi

Pubblicato il 02-10-2014
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Sì, sì, evviva: il “Giotto della porchetta” c'è. Anche quest'anno. Non lo avessi visto, mi sarei preoccupato. Perché da anni annorum è uno degli ambulanti più fedeli della Fiera Franca d'Autunno di Bassano, un eterno ritorno al profumo di panino onto. Non c'è solo lui, ovviamente, ma anche tanti altri banconi di gastronomia da strada che propongono (o propinano, a seconda dei gusti) in quantità industriale salsicce, wurstel, crauti e patatine fritte: rigorosamente vietato ai vegetariani e ai delicati di stomaco.
Sono tutti allineati ai due lati di viale de Gasperi, per la classica anteprima della Fiera del primo giovedì di ottobre dedicata alla Fiera Franca del bestiame: il piccolo zoo - anzi, sempre più piccolo - dei capi di allevamento nostrani, bovini ed equini, messi in esposizione tra allevatori col cappello e mediatori col bastone a manico ricurvo nella speranza di fare qualche affare.
Gli affari, in realtà, li fanno Giotto e i suoi fratelli, le varie e numerose boutique del colesterolo impegnate a sfamare frotte di visitatori colti da vorace appetito già di prima mattina. Il tutto annaffiato da bicchierate di vino, anche sulla tavolata on the road allestita da alcuni socializzanti imprenditori zootecnici con formaggi e bottiglie di quello buono, in lieta profusione, offerti anche ai passanti.

Foto Alessandro Tich

Tintinnii di cassa anche per i venditori di articoli vari, che rivedremo regolarmente tra le piazze con le loro bancarelle anche sabato e domenica.
Tra gli oggetti utilmente inutili che richiamano maggiormente l'attenzione del pubblico, si segnalano quest'anno la super-colla per tutte le superfici e la forbice tritatutto cinquelame. Gran lavoro anche per i venditori di palloncini visto che, da che Fiera è Fiera, la mostra degli animali richiama in primo luogo le famiglie con bambini piccoli. E il palloncino più replicato e più gettonato è quello di Peppa Pig, sperando che Giotto non se ne accorga e non la trasformi nel millesimo piatto di porchetta con il bovis.
Lo stesso non si può dire per i veri protagonisti dell'evento: i “mandriani” che con le loro vacche e con i loro cavalli sono scesi per l'ennesima volta in città alla ricerca di compratori per le loro bestie. Sono gli ultimi Cowboys: rappresentanti di un mondo fatto di codici antichi ed immutabili dove la qualità di un capo di bestiame in esposizione viene valutata con una sola esperta occhiata e dove la Limousine non è un'auto per sboroni americani, ma una pregiata razza bovina.
Oddio: “cow” assolutamente sì, ma “boys” neanche tanto.
L'età media degli allevatori e dei procacciatori di affari, nonostante qualche giovane addetto ai lavori, è sempre più alta e inversamente proporzionale al trend in costante discesa del parco animali esposto per l'occasione.
Quest'anno i bovini partecipanti alla manifestazione - collegata come sempre anche al concorso del Bue Grasso con relative premiazioni, diplomi e cotillon - sono in tutto 184. Erano 188 l'anno scorso, ma soltanto dieci anni fa superavano quota 400. Idem per gli equini, cavalli e asini, ridotti rispetto a un decennio fa del 50%. Il settore delle bancarelle gastronomiche e degli articoli domestici e di varia umanità sembra quasi preponderante rispetto all'area riservata alle razze in mostra: bisogna fare una lunga passeggiata prima di sentire i primi muggiti e trovare i primi vitelli, collocati all'altezza di via Salieri ovvero del campo adibito all'allestimento dei circhi. E in quanto a giro di compravendite, in sintonia con le ultime edizioni, anche la Fiera 2014 si svolge all'insegna del Bue Magro.
Chiedo a un allevatore, che incrocio casualmente, come stiano andando le cose. Risposta per metà oscura e per metà molto chiara del mio interlocutore: “Semo qua all'Anno Mariano. Finii i schei, caro!
Sembra quasi un disco rotto, perché ogni anno è cosi. Poche vacche, pochi affari, pochi schei. E' l'insostenibile leggerezza del lamento della campagna.
Ma al pubblico urbano, e soprattutto più giovane, poco importa se gli sforzi degli espositori arrivati anche da altre province siano andati o meno a buon fine.
Tutti quegli animali in vetrina - che per quanto limitati nel numero sono sempre tanti per chi non ha mai visitato una stalla - sono una visione più unica che rara.
E nell'era degli smartphone e dei tablet vanno per la maggiore i selfie con la mucca, e i primi piani dei vitelloni immortalati con l'iPad.
Sono anche questi i segni dei tempi. Come la frase detta ad alta voce da un bambino spinto dalla mamma in carrozzina mentre una vacca, sicuramente a disagio in mezzo a tanto bailamme, sta emettendo dei potenti, prolungati e ripetuti muggiti: “Basta, tori, basta!”. Quando andrà a scuola, il bambino imparerà che i tori non hanno le mammelle.
Chi la sa lunga è invece un anziano visitatore che rivolgendosi a un suo coetaneo sintetizza così l'andamento della fiera: “Il mercato dura do ore, se te ghe ne perdi meza a bevere...”. Appunto: non resta più il tempo per cogliere qualche buon affare.
E' tutto dal Ranch de Gasperi: W le mucche, quelle poche che restano, e salute cin cin!

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