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L’incredibile ascesa del prezzo dell’acciaio sta creando non pochi problemi ai nostri distretti metalmeccanici. Da terziste delle grandi filiere tedesche e mondiali, dove l’acciaio rappresenta probabilmente uno dei componenti principali, le aziende vivono con grande apprensione questo “scenario fluido” legato al prezzo crescente della materia prima. Il tema è sentito, l’articolo è stato molto sollecitato da più di un lettore-imprenditore interessato dalla questione in prima persona. I segnali di warning sono arrivati anche dalle statistiche di Confindustria di Vicenza: in generale nel primo trimestre 2021 i prezzi delle materie prime sono aumentati di un +20,8% e gli impatti si sono visti anche sul versante prezzi dei prodotti finiti, cresciuti anch’essi di un significativo +4,6%. In prospettiva il rischio concreto è che un’ulteriore ondata di aumenti, o addirittura la scarsità di materiale, possa rallentare o addirittura “congelare” la ripartenza. L’acciaio tondo, quello per intendersi usato nel cemento armato delle costruzioni, è aumentato da novembre 2020 addirittura del 117%. Una lettura interessante di quello che sta succedendo nella geopolitica dell’acciaio la fornisce Adelangela Menegon, presidente di Bre-Men Acciai Spa.
«Sono aumentati prima i prezzi del Coils, i rotoli in lamiera, e successivamente l’aumento è arrivato a tutte le tipologie di acciaio, da quelli “poveri” fino a quelli speciali ovviamente. Questo aumento dei prezzi ha origini e cause tutte cinesi: in primo luogo perché in Cina hanno chiuso tre importanti acciaierie che producevano acciaio e metalli direttamente dal minerale, una decisione dovuta a politiche ambientali molto probabilmente. E in secondo luogo perchè anche i cinesi si sono buttati sul mercato del rottame e il prezzo di conseguenza è schizzato alle stelle».

Adelangela Menegon, presidente di Bre-Men Acciai Spa
L’ultimo rapporto Ocse “incolpa” proprio la Cina: un’altra spiegazione è rinvenibile dall’incremento della domanda del settore interno delle costruzioni. In generale la Cina rappresenta infatti oltre il 50% della produzione e del consumo mondiale di acciaio ed il 40% è assorbito proprio dal settore delle costruzioni cinesi.
«Va detto che di questo aumento incredibile del mercato del rottame – prosegue Menegon – ci hanno guadagnato soprattutto i turchi che sono tra i leader mondiali in questo business. Ma adesso i cinesi setacciano tutto il mondo, non bastano più solo i turchi, e i prezzi non si fermano. Nei porti di mezzo mondo si carica senza sosta rottame per l’industria cinese. Si tenga presente che ormai i cinesi fanno un buon acciaio, anche se per quelli speciali i grandi gruppi prediligono ancora l’Europa. L’importante è che il prezzo si stabilizzi per un tempo ragionevole: oltre al rischio concreto di non trovare più materiale è difficile ormai anche fare dei listini prezzi per i clienti».
L’economia italiana, e in primis il Veneto, dovrà comunque fare i conti con cronici problemi di approvvigionamento delle materie prime come ricordava nell’ultima intervista su Bassanonet anche Andrea Visentin, capo di Confindustria Bassano («Tra 5 anni alcuni metalli non saranno più disponibili, l’economia lineare a breve esaurirà tante delle sue risorse»). Le incognite più grandi devono comunque ancora arrivare perché la locomotiva d’Europa, la Germania, è sì ripartita ma non con i ritmi da superpotenza manifatturiera. Il boom degli ordini dall’industria tedesca potrebbe arrivare però già nei prossimi mesi.
«I tedeschi mi dicono - conclude la presidente di Bre-men Acciai Spa, che fattura al 90% per il macrosettore automobilistico – che è in arrivo tra fine estate ed inizio autunno un’ondata di richieste per nuovi stampi legati all’industria automobilistica. A questo punto c’è da chiedersi se a fronte di una domanda importante ci sarà il materiale disponibile».
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