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Bob Dylan, l'emozione del mito
Straordinario concerto al PalaFabris di Padova del “poeta della musica”, che ripropone il suo immenso repertorio accompagnato dalla sua band. E alla fine canta assieme al pubblico “Like A Rolling Stone”
Pubblicato il 17-06-2010
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In questi tempi votati all'immagine e agli effetti speciali, c'è una sola persona al mondo capace di estasiare e entusiasmare la folla restando fermo davanti a un microfono e intonando la prima nota con l'armonica a bocca.
Questa persona è Bob Dylan: il grande mito della musica leggera che da mezzo secolo sfugge alle più diverse e abusate definizioni - poeta, genio, menestrello, filosofo, profeta, ribelle - per confermare, in maniera sempre riveduta e corretta, gli immensi contorni della sua leggenda. Lo fa, da 22 anni a questa parte, con il “Never ending tour”: la “tournée senza fine” iniziata dal cantautore statunitense nel 1988 e che da allora lo vede riproporre sui palcoscenici di tutto il mondo il suo infinito repertorio senza legarsi a logiche commerciali e per il puro gusto di suonare dal vivo.
Il tour 2010 ha fatto tappa ieri sera al PalaFabris di Padova: spostato all'ultimo momento, causa maltempo, dall'anfiteatro di Villa Contarini di Piazzola sul Brenta, sede annunciata del concerto che era stato inserito quale evento speciale del cartellone del Piazzola Live Festival. 4500 spettatori - per un “sold out” annunciato - per l'incontro ravvicinato con la storia.

Bob Dylan durante il concerto del "Never Ending Tour" a Padova
Accompagnato dalla sua band di cinque elementi, Bob Dylan - al secolo Robert Allen Zimmerman - compare sul palco con un cappello bianco a tesa larga, vestito scuro con linee color rosso.
E' l'apparizione di un'icona: il suo viso, benché scolpito dai quasi 70 anni di età, è sempre quello, visto e rivisto in migliaia di manifesti, filmati e copertine. La voce è invece più roca e profonda, capace di emettere toni la cui gravità entra direttamente nel sangue di chi la ascolta.
Dylan parte in quarta e attacca con “Leopard-Skin Pill-Box Hat”, coinvolgente brano dell'album capolavoro “Blonde on blonde” del 1966. Per tutta la serata, nelle oltre due ore di performance, salterà dai classici - riarrangiati in versione blues o rock pop - degli anni '60 alle canzoni più recenti alternandosi alla tastiera, alla chitarra elettrica e all'armonica a bocca: contrappunto sonoro della sua inconfondibile voce.
Nessun concerto di Dylan è uguale a se stesso, e le sensazioni che si avvertono sul palco dipendono ogni volta dal suo eternamente enigmatico umore. Ma quello di Padova è un Dylan “positivo”: che accenna persino a qualche movimento che assomiglia a un ballo e che per qualche istante - incredibile ma vero - sorride ed ammicca al pubblico.
I 4500 del Palasport di Padova capiscono subito che l'artista sta dando il meglio di sé e il feeling si sviluppa in un crescendo continuo.
Tra i momenti magici: “It’s All Over Now, Baby Blue” del 1965 eseguita dall'autore alla chitarra elettrica Fender e “Masters Of War”, protest song capolavoro del 1963, che accompagna invece alla tastiera.
Arriva il gran finale: ai primi accordi di “Ballad Of a Thin Man”, tra i monumenti dell'album-simbolo “Highway 61 Revisited” del 1965, il pubblico si alza dalle sedie e invade la zona antistante il palco. E' l'ultimo brano in scaletta, dopo il quale il menestrello del Minnesota concede tre bis: la leggendaria, e attesa da tutti, “Like A Rolling Stone” (sempre da“Highway 61 Revisited”), “Jolene” dell'ultimo album “Together Through Life” del 2009 e “All Along The Watchtower”, di cui è celebre anche la sensazionale versione di Jimi Hendrix.
Emozione su emozione: mentre esegue “Like A Rolling Stone”, Bob Dylan fa cantare il ritornello alla folla ormai tutta in piedi. E per cinque, indimenticabili minuti la storia siamo noi.
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