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Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
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Teatro

Un passaggio nel Chthulucene

Operaestate Festival ha portato in scena ieri sera, martedì 24 agosto, al Teatro Remondini, Earthbound, il nuovo spettacolo di Marta Cuscunà

Pubblicato il 25-08-2021
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È andato in scena ieri sera, martedì 24 agosto, al Teatro Remondini, Earthbound, monologo di fantascienza per attrice e creature animatroniche di e con Marta Cuscunà.
Un nuovo lavoro per l’artista friulana, tornata a Operaestate Festival con una coproduzione ERT Fondazione, CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli-Venezia Giulia, Etnorama, con il sostegno di São Luiz Teatro Municipal di Lisbona liberamente tratta dal saggio Staying with the trouble, di Donna Haraway.
Nel 2019, Marta Cuscunà aveva presentato a B.Motion Making of Earthbound, dove ha mostrato al pubblico le fasi della genesi dello spettacolo, con il magma del “dietro le quinte” diventato protagonista. A distanza di due anni, nonnulla come una pandemia, una crisi climatica e altri scenari ben scuri nel mezzo, lo “staying with the trouble” è sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono vedere, e l’accusa della Haraway all’antropocentrismo, insieme all’invito ad avere il coraggio di scoprire a coltivare sensibilità e capacità nuove di risposta per il nostro pianeta infetto, risultano messaggi importanti da veicolare anche attraverso i linguaggi dell’arte. Cuscunà per il suo racconto ha scelto gli archetipi della fiaba e della poesia coniugati in un legame possibile e urgente con la tecnologia.

Marta Cuscunà, sul palco del Teatro Remondini per Operaestate Festival

Sul palco una sorta di nido-tana-occhio girevole e mutante abitato dalle creature animatroniche create da Paola Villani che ha l’impatto di un’astronave, poco lontano un alberello in difficoltà. L’attrice in assetto da Gaia, assistente intelligente — a qualcuno avrà ricordato Maja di Spazio 1999 — per uscire e muoversi in tondo nel mondo del 2100 “cavalca” un monoruota dalle luci fluo.
Le Camille, ovvero le abitanti della Terra Nuova pensata dalla Haraway (nel libro, le sue Camille Stories sono ambientate tra il 2025, anno di nascita della prima Camille e il 2425, anno di morte della quinta Camille) sono creature ibridate che hanno sviluppato la consapevolezza che ogni essere vivente è legato agli altri, assunto che genera necessità di attenzione e responsabilità particolari per il mondo che si abita. Nello spettacolo hanno la forma quasi umana di quelli che sembrano un pipistrello, una foca e una sorta di pangolino. Lo sguardo attento dello spettatore è a sorpresa ricambiato: le Camille si interrogano osservando il pubblico, quelli “che stanno lì fuori” e che rappresentano forse ancora una minaccia, con i loro pensieri radicati nell’Antropocene.
Le Camille-simbionti, dopo un ciclo di 41 anni, si chiedono anche se sia venuto il momento di riprodursi, un pensiero altamente ecologico il loro, quindi etico, e la decisione viene democraticamente messa ai voti: sì, il momento per il concepimento di nuova Camille è arrivato. Naturalmente, l’avvio di una nuova vita implica una ricerca e delle scelte da mettere in campo, e i discorsi delle Camille (e della Haraway) sulle orchidee prese a metafora della complessità dell’incontro tra individui e diversità nell’accoppiamento ricordano tanto alcune pagine della Recherche di Proust.
Marta Cuscunà dà voce e interpreta ciascun personaggio, comprese la vecchia Camille morente e la più mutante di tutte che è Gaia, con la consueta maestria sempre più affinata che le ha fatto ottenere tanti riconoscimenti anche a livello internazionale, e con un divertimento leggibile e contagioso.
Belle le luci ultraterrene, curate da Claudio “Poldo” Parrino e bravissimo il team dell’animazione. A chiudere lo spettacolo, le note di Can't take my Eyes off you: un proposito e un invito.
Applausi, dal pubblico di Operaestate.

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