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Attualità

Pizza di razza

I pizzaioli napoletani affondano sul web la pizza Margherita di Carlo Cracco e il suo amico Roberto Astuni pubblica un post al veleno su Facebook. Accusando di “razzismo” i detrattori partenopei dello chef veneto

Pubblicato il 15-03-2018
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Povera Napoli: con la vittoria della Juventus sull'Atalanta si vede sempre di più sfuggire di mano la lotta per lo scudetto e contemporaneamente deve anche subire gli strali di Roberto Astuni. Ce n'è quanto basta per invocare San Gennaro.
A scatenare la reazione del noto imprenditore bassanese in campo alberghiero e della ristorazione nei confronti della città partenopea è stata la “campagna denigratoria” del popolo del web che ha osato criticare, con i toni poco educati (usiamo un eufemismo) tipici dei social, la nuova specialità per i palati raffinati che vogliono mangiare figo.
E cioè la pizza Margherita proposta nel bistrot del nuovo ristorante, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, di Carlo Cracco. Sempre lui, il simpaticone. Il quale, appunto nel suo neonato bistrot “allegato” al ristorante deluxe, presenta nel menù una versione riveduta e corretta della pizza nazionale sia nell'impasto che negli ingredienti.

Roberto Astuni (fonte immagine: Facebook / Roberto Astuni)

Ne scrivono e ne hanno scritte di crude e di cotte, a riguardo dello chef stellato vicentino, “pur di tirargli i pomodori addosso” come rimarca Astuni in un post al calor bianco pubblicato ieri sulla sua pagina Facebook e ironicamente introdotto dalla frase “Ma che pizza”. In molti sono scandalizzati da quanto la Margherita cracchiana “sia diversa dall'idea di pizza napoletana”, lanciano veleni sull'aspetto non proprio classico della pietanza e sparano battute anche volgari soprattutto anche sul fatto che la pizza di Cracco sia venduta a 16 euro. “L'ennesima conferma - sbotta nel suo intervento mister Hotel Alla Corte e Ristorante Sant'Eusebio - che la disinformata frustrazione dei tuttologi da tastiera non ha limiti”. E a sobillare in particolare le rimostranze astuniane è il fatto che “i più feroci detrattori della Margherita del grande chef vicentino sono proprio i pizzaioli napoletani, quasi che ogni interpretazione o rivisitazione creativa e innovativa della pizza al di fuori dei confini del loro orticello sia un reato di “lesa maestà” nei loro confronti”. Quasi un affare di Stato, guagliò.
Astuni premette di “amare la città di Napoli”, terra di origine di suo nonno Alfredo, e di “amare la pizza napoletana”. Precisa inoltre di intervenire “non come amico di Carlo Cracco ma come ristoratore, sempre attento alla più autentica offerta gastronomica di qualità e al riscontro oggettivo dei fatti”.
Tuttavia, dopo le premesse, l'imprenditore e Facebook user bassanese affonda il coltello nella mozzarella esprimendo le sue argomentazioni a difesa della pizza masterchef by Carlo di Creazzo. Nelle quali, in una sorta di invettiva a lievitazione naturale, non va certo per il sottile. Riguardo alla levata di scudi dei pizzaioli napoletani afferma: “Non si tratta purtroppo di una novità. Ebbene sì, hanno colpito ancora! Perché di colpi grossi all'onorabilità del loro prodotto ne hanno già ricevuti in passato.”
“Furono già indignati anni fa - ricorda - quando il Gambero Rosso per la prima volta decretò nella sua guida, alla sezione “Pizzerie”, le due migliori pizze italiane in assoluto in Veneto (e non a Napoli). Quando poi Rai3 con Report fece un servizio (scandaloso) sulla pizza napoletana mettendo in cattiva luce i pizzaioli napoletani per la loro “poca preparazione”, i vari consorzi di tutela e i produttori di pomodoro, hanno gridato allo scandalo.” “Stavolta - prosegue nella sua filippica il ristoratore di Sant'Eusebio - uno chef stellato si “è permesso” di dare una propria interpretazione alla pizza più famosa la mondo, cioè la Margherita, e si è sollevato un coro di proteste da parte di pizzaioli (e non solo, anche giornalisti e “affini”) partenopei in difesa di quella che dovrebbe essere una loro (e solo loro) specialità.” E rincara quindi notevolmente la dose: “Ma se oggi la pizza “gourmet” ha raggiunto volumi impressionanti, se tutto il mondo scientifico boccia la farina “00” (unica da usare secondo il disciplinare pizza napoletana verace) a favore di quelle macinate, a pietra e/o integrali, se le tecniche di lievitazione oggi riescono a darti prodotti più digeribili e salutari, se le tecniche di cottura “moderne” ti permettono di mangiare una pizza meno “nociva” di quelle cotte a legna… ci sarà un motivo, o tutti i fans della pizza sono rimbambiti?”.
“Riguardo poi al prezzo “stellare” che i leoni da tastiera alle falde del Vesuvio contestano alla pizza dello chef stellato - continua l'autore del post -, è la prova che costoro non sono capaci di guardare oltre all'orizzonte del loro (bellissimo) golfo.”
E spiega anche il perché: “In una delle migliori pizzerie d’Italia (3 spicchi Gambero Rosso) la Margherita viene servita in tre varianti di prezzo: 16,00/18,00/22,00 euro. Non in centro a Milano ma a San Bonifacio. Provincia di Verona. In un’altra pizzeria in Veneto, a Bassano del Grappa (sempre tre spicchi sul Gambero Rosso), la pizza Margherita con la bufala costa 14,00 euro e anche qui non siamo in centro a Milano. Nessuno scandalo, come mai? Inoltre, non ho mai visto nessuno indignato se paga 20,00 euro una bibita in Piazza San Marco a Venezia. E inoltre, nessuno si è chiesto che tipo di impasto è stato usato, che tipo di lievitazione, le farine... nulla! Solo il prezzo!!”.
Ed è a questo punto che il post del delegato della Commissione Regionale De.Co. va ben oltre i confini, per quanto già dichiaratamente polemici, del confronto gastronomico: “Ma allora cosa spinge tutta questa folta schiera di napoletani a criticare Carlo Cracco? Forse perché Carlo è veneto? Ma se così fosse dovrebbero odiare tanti di quei veneti che in tanti campi eccellono a favore dei napoletani, che battono i veneti solo nella (mala)politica. Ma a questo punto i razzisti più razzisti siamo noi (come ci dipingono da fuori) o questa schiera di partenopei incazzati?”.
“Cari napoletani, benvenuti al Nord - conclude Roberto Astuni -. Qui c'è chi la pizza la sa fare come (e qualche volta meglio) di voi, con un amore e una ricerca per l'eccellenza della preparazione e un'attenzione alle nuove e sempre più esigenti richieste della clientela che molte pizzerie partenopee se la sognano. Fatevene una ragione: non potete continuare ad insegnare agli altri come vivere a colpi di polemiche ca pummarola 'ncoppa!”.
Com'era lecito aspettarsi, l'intervento del già co-promotore del Tavolo di Marketing Territoriale ha provocato un vespaio di reazioni e commenti nello spazio social.
Gli utenti partecipanti alla discussione, in buona parte, condividono il pensiero pro-Cracco. Scrive un evidente ammiratore del masterchef: “Nessuno in Francia avrebbe cercato di “sputtanare” Blanc, Veyrat, Ducasse, Gagnaire, Troisgros, meditate gente, meditate...”. Gli fa eco una altrettanto manifesta ammiratrice: “Sono dell'idea che sia solo invidia e limitatezza. Tuttavia che se ne parli bene o che se ne parli male purché se ne parli. Il nome di Carlo Cracco è sulle bocche di tutti. Ha vinto lui!”.
C'è però anche chi osa controbattere: “A me di quella pizza non piace l'aspetto nel complesso (...), fatto sta che bisognerebbe assaggiarla per esprimere un parere sul gusto, per ora mi limito, come tutti del resto, all'aspetto visivo...e francamente non è bellissimo!”.
E così, dopo la pubblicità delle patatine e del bagno per la casa, dopo i tiri al piccione per il piccione cucinato in Tv e quant'altro, ancora una volta lo chef stellato de noialtri ha trovato il modo di riempire all'inverosimile i social e le testate online.
Trovando per l'ennesima volta nel presidente del Consorzio Turistico Regionale Pedemontana e Colli uno strenuo e convinto avvocato difensore.
Ma alla fine di tutta questa storia, comunque sia e comunque la si pensi, vorremmo proporre ai pizzaioli di Napoli di sotterrare l'ascia di guerra e di rivolgersi ad Astuni, in qualità di referente di Vicenza Film Commission, per definire la realizzazione di una nuova fiction pacificatoria: “Simme 'e Bassano paisà”.

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