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Solo un incosciente o un visionario avrebbe potuto accettare quest'estate di
guidare il Bassano. Oppure Mario Petrone. L'annunciato disimpegno della
proprietà che dopo anni di investimenti ha fissato nel giugno del 2014 la

Mario Petrone, il valore aggiunto giallorosso (Foto Roberto Bosca)
deadline di uscita dalla società, il budget abbattuto di oltre il 60%, il
patròn Renzo Rosso in persona che si è detto nauseato dal calcio e un'annata di pura sopravvivenza in attesa di abbassare definitivamente la serranda. Era il
momento peggiore per sedersi sulla panchina giallorossa dall'avvento dell'era
Diesel. Petrone per di più col contratto in essere a San Marino avrebbe potuto
tranquillamente starsene seduto sul divano di casa ad aspettare gli eventi.
"Gli amici a luglio me l'hanno tutti consigliato di stare fermo fino alla
prossima proposta concreta - confida il tecnico dei veneti primatisti solitari del
Girone A della Seconda Divisione - cosa vai a inguaiarti là che vogliono chiudere, mi dicevano. E io invece ho agito d'istinto, se resti ai box troppo a lungo poi sei fuori dal giro, se al contrario ti ributti in pista, dopo le opportunità si ripresentano e il mio
mestiere è allenare, non sono capace di stare con le mani in mano".
CHE CAVALCATA: Ventiquattro punti, sei vinte su sei al velodromo, la vittoria in rimonta col Rimini da 0-2 a 3-2 al debutto, il pari agganciato a Vicenza col Real sotto 3-1 al 91', i bottini agguantati in retta d'arrivo con Spal e Pergolettese e l'etichetta addosso di squadra indomita che non molla mai la presa, così diversa dal clichè di tutti i Bassano precedenti, così pieni di stelle filanti e troppo spesso cadenti. "Per me è una sfida nella sfida - riattacca Petrone - centrare la salvezza e quindi la
promozione nella C unica coi giovani, anche con mezzi limitati rispetto al passato, eppoi,
soprattutto, riconquistare la passione della famiglia Rosso, facendoli
riavvicinare alla loro creatura". Nemmeno accreditato di un posto tra le prime
dieci nei pronostici della vigilia, questo Bassano svuotato delle insegne da
grandeur si è issato sorprendentemente al comando, qualcosa che non accadeva
dall'aprile del 2008, oltre cinque anni e mezzo fa, con Ezio Glerean al timone.
Di quella squadra è rimasto il solo Berrettoni, mica poco per la verità, ma
stavolta è circondato da tanti ventenni ruggenti. In realtà certi giocatori,
come lui o come Furlan e Iocolano c'erano anche lo scorso anno, ma nel suo 4-2-3-1 adattabile, Petrone ha ricollocato il veterano ex Hellas nel cuore del
gioco, lasciando liberi i due esterni di galoppare sulla fascia. E la squadra
ha cominciato a volare. "E se per caso ce li ingabbiano - prepara la contromossa il tecnico - noi lavoriamo in settimana per liberarci anche delle marcature più asfissianti".
Col monte spesa contingentato, il digì Seeber ha completato l'organico a torneo
iniziato ("Non potevamo permetterci di sbagliare le scelte", ammette), ma
l'attitudine al lavoro del gruppo piace al presidente Stefano Rosso, mentre il
papà segue con attenzione da distante. L'addio, forse, non è poi così
aritmetico. E domenica col Monza al Mercante tira aria di rivincita playoff.
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