Connessioni contemporanee
Un dialogo col presente
4-11-18 Settembre 2025
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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Pubblicato il 15-12-2008
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In un celebre film, c’era l’uomo che sussurrava ai cavalli. Io ho avuto la fortuna di conoscere l’uomo che sussurrava ai poveri del mondo:
Si chiamava Enzo Dalla Pellegrina: un nome che ai bassanesi non serve certo presentare. Compagno di avventure, per chi vi parla, e di tante interviste. Fotografo e viaggiatore instancabile, promotore e animatore di associazioni di volontariato, autore di libri e mostre fotografiche indimenticabili, tutte dedicate agli “ultimi”: la gente che vive ai margini del pianeta - Africa, Asia, Amazzonia - e per la quale Enzo, con le sue splendide immagini, ha sempre rivendicato il diritto alla dignità.
Enzo Dalla Pellegrina non c’è più: se ne è andato pochi anni fa, prematuramente. Ma le sue opere continuano a parlarci e ad ammonirci sulle profonde ingiustizie che tracciano il solco tra il Nord e il Sud del mondo.
Una foto di Enzo Dalla Pellegrina esposta a San Giovanni
E’ per questo che ho avuto un tuffo al cuore visitando una mostra allestita in questo week end dalla Parrocchia di Santa Maria in Colle e dalla Caritas nella Chiesa di San Giovanni a Bassano. Il suo titolo è “Il diritto di esserci”: una raccolta di foto di Dalla Pellegrina che erano già state esposte in città nel 2005. Ho rivisto all’improvviso quei volti che tante volte il fotografo-globetrotter bassanese aveva immortalato, denunciando le condizioni in cui uomini, donne e bambini nati in paesi lontanissimi erano costretti a vivere senza tuttavia rinunciare ai tratti universali di quella chiamiamo ancora “umanità”: un paio di occhi che ti scrutano, un gesto di saluto con la mano, un gioco con balocchi di fortuna, un sorriso. Siano essi i “selvaggi” Yanomani, i bambini delle tribù del Ghana o i Meninos del Rua delle favelas brasiliane.
Con Enzo ho condiviso due viaggi di lavoro memorabili: in Bosnia, in una Sarajevo distrutta dalla guerra e in Cina, tra le vestigia della Grande Muraglia e della Città Proibita a Pechino. Occasioni in cui ho potuto conoscere più a fondo la sua persona e confrontarmi con le sue idee e convinzioni che trovavano una perfetta espressione nell’attimo “rubato” dalla macchina fotografica.
L’ho ritrovato per caso, in questa mostra. Riscoprendo il suo messaggio, sempre forte e attuale. E le sue foto, credetemi, continuano a sussurrare.