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Elvio Rotondo
Contributor
Bassanonet.it
Cambio di regime a Caracas?
Gli Stati Uniti effettuano attacchi aerei contro sospette navi della droga, ma molti dubitano della convenienza di un’invasione del Venezuela, considerato molto più grande e complesso di Panama
Pubblicato il 11-11-2025
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La partenza, di alcuni giorni fa, del gruppo d’attacco della più grande portaerei al mondo, la USS Gerald R. Ford, dal Mar Mediterraneo per concentrare la potenza di fuoco navale in America Latina, lascerà l’Europa e il Medio Oriente privi di una presenza di portaerei.
Secondo un’analisi di Stars and Stripes basata sui dati di USNI News, sebbene non sia chiaro quando il gruppo d’attacco arriverà nell’area di responsabilità del Comando Sud degli Stati Uniti — responsabile della sicurezza e delle operazioni militari in America Latina e nei Caraibi —, il suo dispiegamento comporterebbe comunque un aumento delle forze navali nell’area, portandole a quasi il 20% delle navi da guerra schierate.
In base a quanto riporta Aviation Report, la USS Gerald R. Ford è la portaerei più nuova, più grande e più avanzata della Marina militare statunitense. Prima unità della sua classe, rappresenta un salto generazionale nella capacità della US Navy di proiettare potenza su scala globale. Le portaerei di classe Ford introducono numerose tecnologie innovative, tra cui il sistema di lancio elettromagnetico per aeromobili (EMALS), i dispositivi di arresto avanzati e gli ascensori per armamenti di nuova generazione.
La USS Gerald R. Ford (CVN-78) — spesso abbreviata come USS Ford — è una portaerei della Marina degli Stati Uniti (U.S. Navy), capoclasse della nuova classe Ford, la più avanzata e tecnologicamente sofisticata mai costruita.
Questi sistemi sono progettati per garantire un tasso di sortite più elevato con un equipaggio ridotto del 20% rispetto a una portaerei di classe Nimitz, aprendo la strada al futuro dell’aviazione navale statunitense. La nave può raggiungere una velocità superiore a 30 nodi e ospita circa 4.600 persone tra membri dell’equipaggio e personale militare impegnato nelle missioni.
Le sue caratteristiche all’avanguardia comprendono non solo due reattori nucleari capaci di generare quasi tre volte l’energia elettrica delle precedenti portaerei, ma anche un sistema elettromagnetico di lancio degli aerei e un dispositivo di arresto di concezione innovativa, che sostituiscono le tradizionali catapulte e i cavi a vapore.
Il mese scorso, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth aveva ordinato al gruppo d'attacco delle portaerei di recarsi nell’area di competenza del Comando Sud degli USA per rafforzare gli sforzi di Washington nella regione per contrastare il traffico di droga e smantellare le organizzazioni criminali transnazionali.
Secondo James Holmes, presidente del programma di strategia marittima presso il Naval War College di Newport, Rhode Island, sembra che oltre a fermare il traffico di droga, gli Stati Uniti mirino anche a far dimettere il leader venezuelano Nicolas Maduro. Il gruppo d’attacco Ford aumenterebbe la presenza aerea statunitense nell’area di almeno nove squadroni.
Il gruppo di portaerei si unirà a un contingente di forze statunitensi in una missione contro il traffico di droga e le organizzazioni criminali transnazionali.
Bryan Clark, ufficiale della Marina in pensione e direttore del Center for Defense Concepts and Technology dell'Hudson Institute ha affermato che tale livello di potenza di fuoco appare eccessivo per l'attuale missione nei Caraibi, ma che l'aggiunta della Ford rappresenterebbe un modo efficiente per sostenere eventuali attacchi contro obiettivi a terra. Clark ha sottolineato che gli Stati Uniti non hanno basi terrestri in America Centrale o Meridionale e i caccia in partenza da Porto Rico necessiterebbero aerei cisterna per condurre missioni in Sud America (la base navale Roosevelt Roads di Porto Rico, chiusa dal 2004, è ora di nuovo operativa).
Lo United States Naval Institute (USNI) ha reso noto che una percentuale significativa delle risorse navali statunitensi dispiegate a livello globale si trova oggi nell’area di responsabilità del Comando Meridionale degli Stati Uniti. Tra queste, l'Iwo Jima Amphibious Ready Group e la 22nd Marine Expeditionary Unit, che contano oltre 4.500 tra marines e marinai, tre cacciatorpediniere lanciamissili, un sottomarino d'attacco, una nave per operazioni speciali, un incrociatore lanciamissili e un aereo da ricognizione P-8 Poseidon. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno schierato dieci caccia F-35 a Porto Rico, divenuta un vero e proprio hub militare nell’ambito della crescente attenzione rivolta ai Caraibi.
Secondo immagini satellitari di Reuters di Porto Rico, sarebbero inoltre stati dispiegati almeno tre droni MQ-9 Reaper.
Nel frattempo, secondo quanto affermato da Bradley Martin, ufficiale di guerra di superficie della Marina in pensione e direttore del Rand Corp. National Security Supply Chain Institute, la ridotta presenza navale statunitense in Europa e Medio Oriente non desta particolare preoccupazione nel contesto attuale.
Dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 e l’attacco di Hamas a Israele nell’ottobre 2023, la Marina statunitense ha infatti mantenuto una presenza pressoché costante di portaerei o gruppi anfibi in quelle regioni.
Secondo il fleet tracker di USNI News, cinque cacciatorpediniere risultano assegnati alla Stazione Navale di Rota, in Spagna: tra questi, l’USS Roosevelt è di stanza nel Mar Mediterraneo, mentre l’USS Forest Sherman e l’USS Mitscher operano nel Mar Rosso. Questa forza — insieme ad altre unità statunitensi, come gli squadroni dell’Aeronautica militare dislocati in Europa e Medio Oriente — dovrebbe essere sufficiente a fornire una risposta rapida qualora un attore ostile decidesse di intervenire.
La portaerei USS Nimitz, che ha lasciato il Medio Oriente il mese scorso dopo tre mesi di servizio nella regione, potrebbe comunque essere richiamata nell’area.
Dall’invasione di Panama di quasi quarant’anni fa, un settimo delle risorse navali statunitensi — tra cui la portaerei più grande del mondo, la USS Gerald R. Ford — è stato inviato nella regione a partire da agosto, insieme a bombardieri B-52 e forze speciali avvistati al largo della costa settentrionale del Venezuela.
Gli attacchi aerei contro presunte navi della droga nell’Oceano Pacifico e nel Mar dei Caraibi hanno causato oltre 60 vittime, ma molti osservatori — compresi alcuni sostenitori di Trump — mettono in dubbio la fattibilità di un’invasione di un Paese dodici volte più grande di Panama e molto più complesso politicamente e geograficamente.
James Story, principale diplomatico statunitense per il Venezuela dal 2018 al 2023, ha dichiarato di dubitare che si stia preparando un’operazione in stile Just Cause (l’invasione statunitense di Panama del 1989):
“Ci piace sempre usare una forza schiacciante, e ci vorrebbero 100.000 soldati. E questo non è Trump.”
L’ex ambasciatore, che inizialmente considerava il rafforzamento militare di Trump un’arma a doppio taglio, ora ritiene che vi sia una probabilità dell’80% di “qualche azione proattiva” sul suolo venezuelano nei prossimi 30 giorni, probabilmente un attacco aereo.
“La quantità di risorse predisposte nella zona mi fa capire che stiamo per fare qualcosa.”.
La minaccia dell’amministrazione Trump nei confronti del Venezuela si fa sempre più evidente, ma i suoi obiettivi rimangono, per ora, poco chiari. Quella che apparentemente era iniziata come una campagna per impedire alle droghe illecite di raggiungere le coste statunitensi sembra sempre più assumere i contorni di un tentativo di estromettere il presidente venezuelano Nicolás Maduro e i suoi alleati dal potere.
Un cambio di regime a Caracas potrebbe realizzarsi in diversi modi, ma in questo caso si tende a privilegiare l’impiego di attori interni per determinare un ribaltamento del governo attualmente in carica. Perché è vero che, in caso di invasione americana, con un esercito indisciplinato e un arsenale obsoleto, il Venezuela si troverebbe in grave svantaggio e lo scarso supporto popolare determinerebbe con ogni probabilità un rapido crollo del regime, ma la presenza di una vasta rete di milizie legate al narcotraffico potrebbe trascinare gli Stati Uniti in un lungo conflitto a bassa intensità in un territorio impervio.
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